Ferentillo fra bellezza e misteri della Collegiata di Santa Maria

Montagne Misteriose ci porta nel cuore della Valnerina Ternana

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di Montagne Misteriose

Il territorio ove sorge Ferentillo era paludoso e impervio, ricco di vegetazione selvaggia e rigogliosa che ricopriva interamente le pendici delle colline, fino alle zone in basso, malsane. È abitato da lungo tempo e la presenza romana nel luogo è testimoniata oltre che dai prediali Nicciano, Ampognano, Leazzano, anche dal ritrovamento di un cippo votivo con iscrizioni nei pressi dell’abbazia di San Pietro in Valle ed ivi conservato, risalente al periodo repubblicano.

Le origini di Ferentillo risalgono al secolo VIII, secondo la tradizione fondato da Liutprando nel 740 e per molti secoli la sua storia è legata a quella dell’abbazia di San Pietro in Valle. Di poco più tarde sono le rocche di Precetto e Matterella, sorte, insieme ai vicini castelli di Monterivoso e Umbriano, a difesa dell’abbazia.

Tra il XII e XIV secolo si sviluppò il borgo di Ferentillo, intorno all’antica pieve di Santa Maria. Ferentillo divenne un piccolo stato nel 1484, grazie a papa Innocenzo VIII Cybo, che ne nominò primo signore il suo figlio naturale, regolarmente legittimato, Franceschetto Cybo.

La chiesa di Santa Maria fu edificata sotto il pontificato di Eugenio III intorno alla seconda metà del XII secolo, forse su un preesistente edificio di culto paleocristiano. Nel XIII secolo furono riedificate le due cappelle laterali e dedicate al Santissimo Sacramento e alla Madonna del Rosario. Nel 1494 fu ampliata, divenendo a pianta rettangolare divisa in tre navate, l’ampliamento fu voluto da Franceschetto Cybo, principe di Ferentillo. Nel 1560 fu eretta a Collegiata dal Capitolo di San Giovanni in Laterano.

L’imponente campanile a guglia del XV secolo conserva la campana in bronzo più grande della Valnerina, sulla quale è riportata la storia della sua distruzione nel 1797 ad opera delle truppe rivoluzionarie napoleoniche. Al suo interno troviamo molte nicchie e il misterioso affresco.

Sant’Antonio Abate e le sue storie, opera del pittore Jacopo Siculo, datata 1453 sulle candelabre: le figure principali sono state inquadrate in un’elegante cornice a stucco del secolo XVIII. Sul libro tenuto in mano dal santo è scritta l’enigmatica frase:
‘NON EST HIC LOCUSIDONEUS NISI AMATORIB HUIUS SECULI PROPTEREA FUGIAMUS A FACIE HUDCUPIDITATIS’.
L’emblematica traduzione è: ‘QUESTO NON È UN LUOGO ADATTO AGLI AMANTI IN QUANTO QUI SI SFUGGE ALLA LUSSURIA’.

Tra le scene della vita di Sant’Antonio si vede una strega alata e due diavoli che picchiano il santo. Il suo culto ha a che fare con il racconto che vedeva il santo addirittura recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori. Nell’iconografia tradizionale è raffigurato circondato da donne procaci, simbolo delle tentazioni, come lo dipinge ad esempio Paul Cezanne.

Si narra che Sant’Antonio veniva attaccato dal demonio, che lo svegliava nel cuore della notte, oppure gli dava consigli apparentemente per spronarlo a una maggiore perfezione, in realtà per spingerlo verso l’esaurimento fisico e psichico e per disgustarlo della vita solitaria. L’eremita invece resistette e acquistò, con l’aiuto di Dio, il ‘discernimento degli spiriti’. Queste sono le letture che siamo riusciti a codificare da questo affresco ma anche dopo ciò rimane un mistero.


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FERENTILLO – LE FOTO DI MONTAGNE MISTERIOSE

 

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