Figli che vivono nel virtuale: perché il dialogo è la carta vincente

La psicologa Letizia Vibi consiglia ai genitori come muoversi in due passi. Ascoltare e solo dopo proporre alternative

Condividi questo articolo su

di Gabriele Ripandelli

Prima i cortili, poi i centri commerciali, infine il mondo virtuale. Probabilmente è così da sempre: i ragazzi di ieri diventano adulti di oggi e non comprendono i nuovi giovani, tendendo a demonizzare i loro luoghi d’incontro. Questo è uno dei tanti segnali dello scatto generazionale. Certo oggi a preoccupare un po’ di più sono gli effetti nocivi delle tante ore davanti a uno schermo e della poca comunicazione faccia a faccia. Non va fatta di tutta l’erba un fascio perché in diversi preferiscono ancora uscire e stare insieme con i propri amici. In questo campo il termine ‘hikikomori’ viene abusato e spesso usato in maniera impropria. Sono ragazzi che hanno una problematica con un livello di gravità importante che comprende ormai anche chi passa semplicemente molte ore nel mondo virtuale. Chi si trova ad avere a che fare con un figlio che, invece di uscire ed avere relazioni in carne ed ossa, preferisce gli spazi virtuali e gli smartphone, cosa deve fare essendo una modalità non proprio efficace per la crescita e lo sviluppo personale?

Letizia Vibi

Step 1: Ascolto e dialogo

La prima cosa da fare quando si ha un conflitto di punti di vista è sempre dialogare. Nel dettaglio, la psicologa Letizia Vibi spiega: «Il ragazzo che riceve degli ordini dall’alto senza comprenderli, avrà probabilmente un rigetto di questi. Ciò porta anche a creare un distacco nel rapporto genitore-figlio». Evitare quindi negazioni categoriche: «Portano solo a uno scontro di posizione. Serve prima di tutto comprendere perché si preferisce un luogo d’incontro virtuale a uno fisico. Può essere scelto perché porta a mettersi meno in gioco condividendo solo la voce e non il proprio corpo che, in una fase come quella adolescenziale, può essere causa dei disagi. Può essere anche l’unico modo attraverso il quale dialogare con i coetanei perché dal vivo si è impacciati: crescere con una comunicazione digitale può aver inibito questa capacità. Ma può anche semplicemente trattarsi della voglia di giocare con degli amici, considerando che non sempre ci si può incontrare in casa per farlo e che online puoi sfidare avversari di tutto il mondo e formare la tua squadra». In questa fase è molto importante fare un passo verso di loro: «Non abbiate paura di dire che non si riesce a capire le loro attività. Ci si può togliere il ruolo autoritario del genitore, sedersi vicino a loro e farsi spiegare. Bisogna mettersi nella posizione di chi non sa la verità assoluta ma vuole capire, invece, perché sta scegliendo uno spazio virtuale, quali vantaggi trova e quali mancanze riscontra in quello fisico. Il rischio che siano loro stessi a formare una barriera c’è, ma parlare in maniera gentile può abbatterle».

Step 2: proporre alternative

Se da una parte c’è un videogioco interattivo e divertente e dall’altra una noiosa mansione domestica, probabilmente anche molti adulti sceglierebbero la prima opzione. Consideriamo che oggi si è raggiunto un livello tale che in alcuni casi è come vivere in prima persona un film. Vibi suggerisce: «Dopo averli ascoltati, trovate insieme delle alternative o proponetene alcune che possano essere interessanti e fategli capire il perché. Ovviamente servirà fargli capire che a volte vanno fatte anche le cose che non ci piacciono, ma non va assolutamente fatto con la strategia del ricatto. Non minacciate di togliere la playstation o il cellulare». Si può anche provare a fare delle cose insieme: «Qualcuno potrebbe aver piacere a giocare con voi anche se le possibilità che si sentano minacciati in una loro comfort zone sono alte. Potete però cucinare insieme o andare a fare una gita. Nell’adolescenza il rapporto con il genitore può essere conflittuale ed è normale. Fare qualcosa insieme però può stimolarli». Rimane comunque da chiarire una cosa: «Dentro casa devono esserci delle regole che sono punti fermi. Ci sono alcune cose che devono fare i figli e non possono essere sostituti per vivere in modo sano nell’ecosistema della famiglia»

Extra: non sostituirsi

«Se ci sostituiamo ai ragazzi in ciò che è loro responsabilità portare avanti o scegliere, inizieranno a pensare che ci sarà sempre il genitore e non dovranno attivarsi loro per completare una cosa, risolvere un problema e togliere un disagio. Questo porta alla passivizzazione, l’incapacità di cambiare ciò che non va nella propria vita». Piuttosto, come scritto sopra, è importante provare a fare le cose insieme o spronarli (senza ricatti). Non organizzare le loro uscite, non compiere le loro decisioni, non vivere la loro vita.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli