Lavoro e diritti, Cgil: «Rispettare la legge»

Il segretario generale di Terni, Attilio Romanelli: «Superare le paure di chi vede nel cambiamento il rischio peggiore»

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di Attilio Romanelli
Segretario della Cgil di Terni

Agosto è un mese di riflessioni e letture, però non possiamo esimerci dal promuovere alcune considerazioni per i prossimi mesi. L’Umbria e la provincia ternana stanno vivendo una fase particolare dove lavoro, diseguaglianze, povertà e solitudine, costituiscono elementi allarmanti e non più trascurabili.

Il lavoro e l’occupazione sono e rimangono l’architrave su cui poggia il sistema sociale, dove cittadinanza attiva e dignità sono essenziali per consentire una evoluta e riconoscibile appartenenza civile. Nei mesi passati abbiamo denunciato pratiche inaccettabili nel sistema delle relazioni che colpiscano la tutela dei diritti acquisti attraverso l’applicazione dei contratti lavorativi.

Continuiamo a pensare che la buona impresa in primo luogo si ha dove vengono pagati gli stipendi, dove si rispettano le norme contrattuali e dove si investe sul fattore umano, inteso come un valore aggiunto. In Umbria e nel ternano vivono esperienze imprenditoriali di ottimo livello, è interesse del sindacato e dei lavoratori in esse impegnati far si che le stesse possano crescere e sviluppare, attraverso il loro esempio, una rete di buone imprese e buone pratiche.

In questo senso pensiamo ad un sistema di relazioni che nella massima trasparenza e nel rispetto delle norme facciano della sicurezza sul lavoro dell’innovazione il valore fondante. Siamo preoccupati del ricorso che spesso viene affermandosi negli appalti dove alla qualità si preferisce la pratica del ribasso. Questo determina un depauperamento occupazionale e sociale.

Non si può consentire che la competizione avvenga solo sulla compressione dei diritti e sulla qualità delle produzioni e dei servizi. La competizione tra imprese, nel sistema degli appalti, deve avvenire salvaguardando le imprese sane, quelle che rispettano i Ccnl e con essi i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Oggi più che mai, in una fase di grande difficoltà, si chiede di fare sistema per emarginare tensioni e conflitti che nulla hanno a che fare con gli interessi generali ma sono solo espressione di interessi di parte.

La strumentazione straordinaria che viene messa in campo se non è accompagnata da buona impresa, determinata, a rimanere nei territori di origine, nei quali si riconosce e intende come fondamentali per i propri interessi, non è e non sarà sufficiente a determinare il cambiamento e la crescita richiesta.

Alla crisi possiamo rispondere con un atteggiamento culturale e con comportamenti legali che esaltino l’inventiva, la capacità di rischio e la volontà di investimento, superando le paure di chi vede nel cambiamento il rischio peggiore per la propria sopravvivenza. Alla crisi possiamo rispondere solo con un sistema di relazioni che riconosca la rappresentanza di interessi sociali tale da condizionare in termini positivi la difesa dell’occupazione.

 

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