L’Umbria è più povera e a sinistra ci si divide

Bravi (Ires-Cgil) torna sui dati allarmanti dell’Istat. Flamini (Rifondazione) critica il sindacato per la richiesta di sedersi al tavolo verde ma appoggia il referendum

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I dati su lavoro e ricchezza sono drammatici e continuano a far parlare. Mario Bravi (Cgil) torna sull’argomento sottolineando il fallimento delle politiche economiche degli ultimi governi e del jobs act. Un ‘piano inclinato’ sul quale si continua a scivolare.

Umbria ancora più in crisi «Nel nostro paese – scrive Bravi – gli occupati sono calati di 21 mila unità mentre i disoccupati aumentano di 51 mila. Nel solo 2016 sono andati distrutti 15 mila posti di lavoro e dall’inizio della crisi (2008) abbiamo perso 16,5 punti del prodotto interno lordo. Il fatto che nel 2015 si sia verificato un aumento del 1,9% si è dimostrato un fuoco di paglia». In questo quadro, l’Umbria evidenzia una crisi più forte delle regioni vicine, con salari più bassi (nel 2015 sono stati del 9,5% inferiori ai salari medi nazionali) e un calo del del prodotto procapite di cica il 20 per cento dal 2008 al 2015. Nello stesso lasso di tempo la spesa media familiare è calata del 13,7%.

Meno ricchezza e meno welfare Si riducono le spese alimentari (-2,7%) e aumentano le spese sanitarie (+0,7%). «Questi 2 esempi – aggiunge Bravi – dimostrano che se non cambia alla radice la politica economica rischiamo di affondare sempre più in una crisi infinita: tra i nodi primari da affrontare c’è l’esigenza di nuove politiche salariali e del rilancio della domanda. Solo così si può contrastare il declino dell’Umbria». Un concetto ribadito anche nel corso della presentazione del rapporto Ires Cgil 2016.

Enrico Flamini

Enrico Flamini

Rifondazione Comunista Proprio sui dati presentati lunedì mattina è intervenuto Enrico Flamini, segretario regionale di Rifondazione Comunista: «L’Umbria continua ad essere colpita da una forte disoccupazione, dalla recessione e dall’allargamento delle povertà – sottolinea – dentro la crisi italiana c’è una specificità della nostra regione. Ast, Perugina e Merloni sono solo i casi più eclatanti, il commissariamento sul terremoto poi non ha precedenti. L’uso dei bandi europei risulta davvero inadeguato e legato a modelli di sviluppo vecchi che non creano buona occupazione». Il riferimento è alla polemica fra Cgil e Regione sulla ripartizione dei fondi Psr e Fesr e alla richiesta del sindacato di partecipare al ‘tavolo verde’.

Richieste superate dal tempo «Il punto, e lo diciamo con tutto il rispetto che si deve all’autonomia del sindacato, non può più essere quello di chiedere al governo regionale di partecipare a “tavoli” ripercorrendo schemi oramai superati e messi in discussione dallo stesso PD. Occorre costruire una proposta politica e sociale di sinistra, alternativa ed unitaria. Il Jobs Act è servito e serve solo a rendere più ricattabili le lavoratrici e i lavoratori, ad indebolirli e frammentarli ulteriormente. L’esplosione dei voucher è la manifestazione più evidente dell’idea che si ha del lavoro, un’idea “usa e getta”, fatta di salari da fame e senza diritti. Per questo consideriamo di grandissima importanza i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil e ribadiamo che condividiamo la proposta di varare un Piano del Lavoro. Ma è arrivato però il momento di passare dalle parole ai fatti: servono proposte concrete, che abbiamo, un rinnovamento delle classi dirigenti politiche e sociali ed una mobilitazione generale, non i tavoli».

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