Perugia, collegio Adisu: il Tar riapre i giochi

L’opera davanti alla chiesa templare di San Bevignate non si farà, ma la Soprintendenza non ha motivato il diniego ad un nuovo permesso. Quindi è tutto da rifare

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di U.M.

Il collegio Adisu davanti alla chiesa templare di San Bevignate non si farà perché i termini della domanda erano scaduti (come stabilito dal Tribunale amministrativo regionale e dal Consiglio di Stato), ma la Soprintendenza non ha motivato il diniego ad un nuovo permesso. Quindi è tutto da rifare.

Il Tar È quanto si legge in due sentenze del Tar dell’Umbria relative ai ricorsi presentati dalla Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario per l’Umbria (Adisu), difesa dagli avvocati Giorgio Vercillo e Alessio Tomassucci, contro la Tlm Costruzioni S.r.l., difesa dall’avvocato Mario Busiri Vici, il ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell’Umbria, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e la Regione Umbria.

La richiesta L’Adisu chiedeva l’annullamento «del provvedimento prot. n. 4963 del 14.08.14 del Ministero per i beni culturali – Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici per l’Umbria recante parere negativo in materia di autorizzazione paesaggistica per residenza universitaria; nonché della nota prot. n. 5764 del 24 settembre 2014 della stessa direzione regionale e della determinazione dirigenziale n. 8162 del 9 ottobre 2014 con cui la Regione Umbria ha recepito il parere negativo del Ministero esprimendo, di conseguenza, il diniego alla autorizzazione paesaggistica».

La storia Facciamo un passo indietro per capire meglio come stanno le cose. Nel 2008 l’Adisu ottiene «l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una residenza per studenti universitari». Con nota n. 847 del 4 settembre 2008 «la Soprintendenza statale per il paesaggio esprimeva parere favorevole alla realizzazione del suddetto progetto. Nel frattempo si provvedeva all’indizione della relativa gara ed alla successiva aggiudicazione dei lavori in favore di TLM Costruzioni». Con il provvedimento n. 3597 del 26 febbraio 2014 la Soprintendenza riteneva scaduta l’autorizzazione paesaggistica «per via dello spirare dei termini legalmente fissati». Decisione presa anche a seguito delle proteste di cittadini e associazioni, con fiaccolate e manifestazioni contro la costruzione dello studentato. La decisione della Soprintendenza «veniva impugnata davanti a questo Tar il quale rigettava ad ogni modo il ricorso. La sentenza veniva poi confermata in secondo grado dal Consiglio di Stato». Era il “no” definitivo al progetto. O almeno così pensavano in molti.

La valutazione Cosa accade dopo? L’Adisu chiede «il rinnovo della suddetta autorizzazione paesaggistica la quale veniva tuttavia negata, questa volta, sulla base delle considerazioni di seguito sintetizzate: “In seguito ad una variazione legislativa risalente all’anno 2010 … i presenti al tavolo esprimono parere negativo per le attuali condizioni ma … esprimono parere favorevole per la rilocalizzazione delle opere da eseguire … in altri terreni”. Si tratterebbe in altre parole di “un orientamento non avversativo rispetto al progetto, ma solo contrario alla sua ubicazione”. Conclude il suddetto provvedimento affermando che pur “trattandosi in sostanza dello stesso progetto, la valutazione oggi è diversa rispetto a quella del 2008 perché la mutata condizione normativa impone di affrontare anche un pronunciamento di merito, favorito ed arricchito da un dibattito cittadino che nel contempo si è sviluppato».

Il ricorso Contro il parere ministeriale e la determina regionale l’Adisu faceva ricorso impugnando l’incompetenza «della direzione regionale del Ministero, dato che essa sarebbe unicamente da radicare in capo alla soprintendenza paesaggistica» in quanto la «soprintendenza (archeologica) non avrebbe alcuna attribuzione in merito», sarebbe stato violato l’art. 146 del codice dei beni culturali con «sviamento di potere in quanto non sarebbero stati presi in considerazione unicamente i valori paesaggistici dell’area ma anche quelli asseritamente archeologici», generico «difetto di motivazione», «contraddittorietà dell’azione amministrativa, atteso che nel 2008 era stato già espresso, su identico progetto, parere positivo» e «violazione del principio del legittimo affidamento».

La sentenza Secondo i giudici amministrativi «non sussiste il difetto di competenza in capo alla Direzione regionale dei beni culturali» in quanto «la giurisprudenza ha avuto infatti modo di osservare che, in siffatte ipotesi, non è dirimente la presenza di un vincolo formalmente imposto quanto, piuttosto, la presenza di “evidenze archeologiche”». Sussiste, invece, «il difetto di motivazione», perché «pur essendo mutata la natura del potere esercitato dalla soprintendenza statale (da annullamento a parere vincolante), ciò non esime l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo – sebbene con valutazioni di diverso grado e livello» dal fornire motivazioni precise a fronte di un diniego paesaggistico o archeologico quando «in assenza di un’espressa previsione di inedificabilità assoluta dell’area da parte della normativa urbanistica o paesaggistica, o dello stesso provvedimento di vincolo, l’atto si limiti ad esprimere un giudizio meramente negativo sulla compatibilità dell’intervento con i valori salvaguardati, senza esplicitare le modifiche progettuali idonee a rendere sostenibile l’impatto dell’opera rispetto alle esigenze di protezione del bene tutelato, e, dunque, a concludere positivamente il procedimento di autorizzazione». Il vincolo «è stato imposto a tutela della Chiesa di San Bevignate, della facciata monumentale e del muro di conta del civico cimitero, del Portale detto Arco del Leone e del percorso delle lavandaie; esso consiste nel divieto assoluto di nuovi interventi edificatori e nell’obbligo di Adisu di operare interventi di ripristino morfologico ed a verde delle aree originariamente destinate alla nuova edificazione della residenza. Si determinava dunque la sostanziale impossibilità di realizzare la suddetta opera».

«Azione contraddittoria» Per i giudici del Tar, inoltre, «sussiste altresì contraddittorietà dell’azione amministrativa dal momento che l’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, pur riconoscendo espressamente la precedente valutazione favorevole del 2008, non ha in alcun modo giustificato – se non richiamando mutamenti di natura legislativa che tuttavia non esimono, come già detto, dal rispetto dei principi che debbono guidare l’attività amministrativa – le ragioni per cui ha deciso di discostarsene, successivamente, pur in presenza dei medesimi presupposti di fatto (stato dei luoghi e consistenza del progetto da realizzare sono infatti rimasti medio tempore immutati)». Sempre nella sentenza viene evidenziato come ci sia stato «un difetto di istruttoria nella parte in cui la relazione tecnica (allegata allo schema di decreto di vincolo indiretto) si preoccupa unicamente di mettere in evidenza il pregio storico-artistico dei monumenti in questione, omettendo del tutto di soffermarsi sulle ragioni legate all’esigenza di salvaguardare taluni aspetti come la prospettiva e la godibilità pubblica. Aspetti questi che vengono infatti solo genericamente assunti senza alcuna specificazione riguardante, ad esempio, la preservazione di particolari “scorci” e “punti di visuale” oppure la conservazione di determinati “coni ottici”. E tanto anche allo scopo di fornire una adeguata dimostrazione circa l’obiettiva proporzionalità del vincolo».

«Finalità diversa» I giudici, infine, hanno evidenziato come nel via sia stato un «perseguimento di una finalità diversa da quella propria della tutela indiretta, quella ossia di salvaguardare nella sostanza la “veduta panoramica” del bene oggetto di tutela diretta. Finalità per cui sussistono altri e distinti poteri che formano peraltro oggetto di specifica disciplina, all’interno del codice dei beni culturali, nella parte relativa alla tutela dei beni paesaggistici (si veda in proposito l’art. 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il quale annovera tra i beni paesaggistici anche la “bellezze panoramiche”)».

Si ricomincia da capo Cosa significa tutto ciò? Accade che i giudici del Tar «fatta comunque salva ogni ulteriore rideterminazione che l’amministrazione preposta alla tutela del bene culturale riterrà eventualmente di adottare, anche in considerazione della natura del difetto in questa sede emerso (difetto di motivazione)» accolgono il ricorso dell’Adisu e annullano l’atto di rigetto della richiesta di un nuovo permesso a costruire.

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