San Costanzo, Perugia in festa per il patrono

La prima funzione con l’ausiliare Paolo Giulietti. L’ultima con il cardinale Bassetti. In mezzo le tradizionali manifestazioni della ricorrenza: assalto al torcolo

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«La solennità di San Costanzo, vescovo e martire, patrono della città di Perugia e di tutta la comunità diocesana, rappresenta per il capoluogo umbro il rinnovo nella fede dell’ultrasecolare legame di comunione, unità, concordia e prosperità del suo popolo e tra le sue componenti civile e religiosa». Lo ha ricordato nell’omelia il vescovo ausiliare Paolo Giulietti nella basilica perugina dedicata proprio a san Costanzo con centinaia di fedeli anche all’esterno, sul sagrato, dove era stato allestito un maxischermo.

In fila per il torcolo

Tradizione e religione Quello religioso è stato il primo di una serie di appuntamenti che – fra il sacro e il profano – hanno unito nella tradizione la comunità perugina. Al di là dell’aspetto religioso, c’è infatti il senso di appartenenza a fare della solennità di San Costanzo un appuntamento imprescindibile nel calendario dei perugini, del centro e della periferia. Tratto comune, l’aspetto culinario, con il trionfo del tradizionale torcolo di San Costanzo, offerto in corso Vannucci dal sindaco a centinaia di perugini assiepati (ed affamati: c’è stato un vero e proprio assalto) agli stand. L’iniziativa è stata offerta in collaborazione con Confcommercio, Cna, Confartigianato, Associazione italiana sommelier, Università dei Sapori. Per tutta la giornata al Borgo XX Giugno c’è stata la tradizionale fiera. Infine, alle 18, in cattedrale di San Lorenzo, la solenne celebrazione, presieduta dal Cardinale Gualtiero Bassetti e la presenza dei Vescovi Umbri e delle autorità.

I cinque doni La corona d’alloro, il cero, il dolce tipico della festa, il vinsanto e l’incenso sono i doni tipici di questa festa. «Siamo in un periodo in cui abbiamo tanti simboli, ma i cinque simboli che offriamo sono di una natura particolare, perché esprimono due comunioni. La prima è la comunione tra tutti quelli che si vedono rappresentati in questi simboli: le autorità civili e di pubblica sicurezza, le famiglie, i commercianti, i membri della comunità cristiana. Simboli che uniscono e fanno sentire parte di una medesima realtà. Ma questi simboli esprimono un’altra comunione quando parla del fatto che la liturgia rende onore a Dio attraverso delle cose che appartengono alla nostra vita: il pane, il vino, l’acqua, la luce, esprimendo la convinzione che Dio abita dentro la realtà».

Il messaggio di Bassetti alla città Nella celebrazione della sera c’era il Cardinale Bassetti: «Spesso mi sono domandato, se san Costanzo tornasse fra noi, cosa direbbe a noi, alla sua città di Perugia e all’Umbria? E cos’è nel pensiero di Dio una città? La città, secondo la Bibbia, è il luogo dell’incontro degli uomini fra loro, il luogo della dimora di Dio con gli uomini. «Sono contento perché in questi nove anni di episcopato ho visto crescere l’attenzione, l’interesse, la devozione nei confronti dei nostri Santi patroni Costanzo ed Ercolano. La festa di Costanzo ha avuto una grande risonanza con tantissima gente che ha partecipato alla processione. Anche questo contribuisce all’unità della nostra città, della nostra diocesi e non soltanto per parte dei credenti, ma anche per parte di tutta la società civile». Insieme al cardinale hanno concelebrato l’arcivescovo emerito Giuseppe Chiaretti, suo predecessore sulla cattedra di san Costanzo, il vescovo emerito di Gubbio Mario Ceccobelli, che il 29 gennaio ha ricordato il 13° anniversario di ordinazione episcopale, e all’abate benedettino Giustino Farnedi dell’Abbazia di San Pietro, vicario episcopale per la vita religiosa nell’Archidiocesi. Concelebranti anche numerosi parroci e religiosi alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili della città e della regione e di numerosi fedeli.

La sentinella «San Costanzo – ha ricordato Bassetti – fu vera ‘sentinella’ della nostra città. Anche oggi i cristiani, la comunità ecclesiale, hanno bisogno di essere sentinelle della propria fede. Purtroppo per troppi, che portano il nome di Cristo, la fede invece di trasformarsi in testimonianza, in opere di amore e di vita, rimane un ricordo da cui spesso si finisce per prendere le distanze. E spesso invece di essere la sentinella e la custode dei nostri giovani, così problematici e pieni di interrogativi si addormenta e si spegne. Così la maggior parte dei nostri giovani sono affidati ai falsi, illusori e mortificanti miti di una cultura miope e senza anima. Penso alla prima cellula in cui la fede dovrebbe diventare vita: la famiglia».

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