Terni, calcio da giocare e parole come pietre

Una lettera, scritta da una mamma di un giovane calciatore e la replica della società: quando il pallone rischia di sgonfiarsi

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“Nino non aver paura, di tirare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”. Sarà pure come canta Francesco De Gregori, ma tra bambini, genitori e società calcistiche i rapporti sono sempre complicati. Molto complicati. L’ultimo esempio viene da una lettera, scritta da una mamma – che qui di seguito pubblichiamo integralmente – e dalla replica – anche questa ospitata in forma integrale – della società.

di Letizia Di Camillo
mamma di un giovane calciatore

Gentile direttore,
chi le scrive è una mamma rimasta delusa, per non dire scioccata, da quanto accaduto a mio figlio di 13 anni. Sono così arrabbiata che non ho neanche paura di fare nomi e cognomi, e mi scuso se la mia uscita potrà sembrare inopportuna.

Io e mio marito non siamo come quei genitori che si vogliono sostituire agli allenatori, che credono che il loro figlio sia più bravo degli altri e meriti di più, che sono pronti a ogni tipo di nefandezza e scorrettezza per vederlo giocare al posto di un altro, che covano in cuor loro il sogno di vederlo diventare un campione per poter così dare un senso e uno sfogo alle loro frustrazioni. Semplicemente, noi che paghiamo regolarmente tutti i mesi la quota della scuola calcio richiesta dall’Olympia Thyrus San Valentino Farini, ci siamo permessi giusto nelle ultime due partite di chiedere a mister Traini di prendere più in considerazione nostro figlio.

Lui non è e non sarà un campione, sinceramente non ci interessa. Ci interessa che giochi, mica sempre, ma qualche volta sì. Che si diverta, che sul campo insieme a compagni e avversari impari qualcosa di come gira la vita e il mondo dello sport. E dispiace vedere un allenatore che si rivolge a noi in malo modo urlandoci in faccia: “Vostro figlio è scarso, mettetevi il cuore in pace, non giocherà mai”. Dispiace poi ricevere le scuse dello stesso allenatore e pure del presidente Sandro Corsi, e vedere poi nostro figlio nell’ultima partita del campionato Giovanissimi Provinciali appena vinto dalla squadra (sul punteggio di 6-1 a favore) chiedere senza risposta: “Ma quando viene il mio turno?”. Dispiace vedere nostro figlio piangere per questa mancanza di sensibilità e di considerazione. Dispiace più di tutto vedere di nuovo l’allenatore rimangiarsi le scuse e di nuovo urlare in faccia a noi e a nostro figlio: “Sei scarso, con me non puoi giocare, portatelo via”.

Ci chiediamo, e lo facciamo con rabbia ma con rispetto, estremo rispetto per quelle società che pretendono dai genitori che stiano al loro posto, dove siano i principi base dell’educazione, intesa sia come comportamento che come intenzionalità educativa. Non ci interessa nemmeno polemizzare sul fatto che molto spesso chi gioca sempre non è poi altrettanto puntuale, come noi, nel pagamento della quota mensile. E non ci importa perché in fondo parliamo sempre di ragazzi, qualcuno anche con condizioni familiari complicate. Ci importa, però, che al di là del risultato, così come un genitore deve saper stare al suo posto, altrettanto chi sta dall’altra parte, sul campo, ed ha a che fare con i nostri figli, lo faccia con educazione, rispetto e comprensione, prima ancora che con la preparazione tecnica o tattica.

di Sandro Corsi
presidente dall’Olympia Thyrus San Valentino Farini

Gentile redazione,
purtroppo è un po’ imbarazzante rispondere alle considerazioni della mamma del nostro giovane ragazzo poiché il sottoscritto ha giocato al calcio tanti anni ed anche, dicono , benino ma i miei genitori non hanno mai visto una partita.

I ragazzi della Olympia Thyrus San Valentino Farini

I ragazzi della Olympia Thyrus San Valentino Farini

Mister Traini amatissimo da tutti i suoi ragazzi, come testimoniano le foto, ha chiesto a Leonardo insieme e sottolineo insieme agli altri ragazzi in panchina di entrare in campo nell’ultima parte del secondo tempo ma il ragazzo si è rifiutato. A fine partita ho personalmente accompagnato Leonardo negli spogliatoi dove tutti gli altri stavano festeggiando ed è stato accolto con applausi ed abbracci ed i suoi compagni lo confortavano sottolineando che la vittoria del campionato era merito di tutti. Io non mi sono scusato di nulla ho solo cercato di far riflettere Leonardo e spero i genitori raccontando come Gianni Rivera fresco primo pallone d’oro italiano fu fatto giocare 5′ nella finale di coppa del mondo nel 1970 ed a risultato acquisito.

Per quanto riguarda le quote mensili ringraziamo davvero la famiglia per puntualità e correttezza ma queste garantiscono le attività di allenamento, utenze, spese federali etc. Ma quando si è nei campionati giovanili ovvero non più scuola calcio le scelte nelle partite di campionato sono basate su considerazioni tecniche e comunque il ragazzo ha giocato diverse partite e siamo contenti di averlo avuto con noi.

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