Terni, diffamò l’ex su Facebook: condannato

‘Colpa’ di un Rolex che la donna non avrebbe restituito dopo la fine del rapporto: 46enne condannato a 5 mesi

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di F.T.

Una storia d’amore finita male, deflagrata su Facebook e ‘suggellata’ dal processo che ha portato alla condanna di un 46enne di Terni per diffamazione e violazione della legge 196/2003 sulla privacy. Quest’ultimo si è visto infliggere dal tribunale una pena di 5 mesi di reclusione – con la sentenza sospesa e vincolata al pagamento di una provvisionale di 3 mila euro – per aver pubblicato on-line alcune frasi allusive e la foto della denuncia penale presentata contro l’ex compagna, 51enne di Spoleto.

La resa dei conti Il rapporto fra i due, andato avanti per circa sei anni, era finito nel 2010. Da lì era iniziata una ‘resa dei conti’ incentrata su alcune spese sostenute e in particolare su un orologio, un Rolex, che la donna aveva ricevuto – per lei era un dono, per lui solo un prestito – quando le cose fra i due andavano ancora bene.

Denunce incrociate Lui quell’orologio lo voleva indietro, ma di fronte al ‘no’ della donna aveva finito per sfogare su Facebook la propria rabbia con frasi allusive, giochi di parole e anche pubblicando la querela presentata contro la ex, per quello che lui ha sempre ritenuto un ‘furto’. Ovviamente a lei la cosa non era andata giù e, assistita dall’avvocato Laura Fiorani di Spoleto, lo aveva denunciato per diffamazione e violazione della legge sulla privacy.

La sentenza Lunedì pomeriggio il tribunale ha accolto le richieste dell’accusa, condannando il 46enne ternano a 5 mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 3 mila euro. Il giudice ha contestualmente sospeso la sentenza per 5 anni, vincolandola alla liquidazione del risarcimento fissato dal processo penale.

La difesa Il legale dell’uomo – l’avvocato Attilio Biancifiori – si dice «pronto a ricorrere in appello. Per noi – spiega – può configurarsi la ‘pubblicazione arbitraria di atti giudiziari’, un reato contravvenzionale, ma non la violazione della privacy. Allo stesso modo – aggiunge – il fatto che la normativa relativa alle pubblicazioni sul web sia in continua evoluzione, oltre al tenore delle frasi e al numero di persone raggiunte, ci spinge a considerare non sussistente l’ipotesi di diffamazione».

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