Terni, Fabbrica d’armi: «Istituzioni distratte»

Bizzari (Uil) e Lucci (Cgil): «Mercoledi Marini, Paparelli e Di Girolamo sono venuti qui, ma solo per parlare del museo delle armi e non del futuro dei lavoratori»

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Quando avevano saputo della visita, si erano ringalluzziti. Ma poi è arrivata la doccia fredda: «Nella giornata di mercoledì – dicono Giorgio Lucci, della Cgil Fp e Guglielmo Bizzarri della Fp Uil Pa di Terni – sono venuti in visita al Polo di mantenimento armi leggere di Terni (Pmal, la ex fabbrica d’armi; ndr) la presidente della Regione Katiuscia Marini, il vice presidente Fabio Paparelli, il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo ed altri componenti delle istituzioni. La visita effettuata con tempi strettissimi di preavviso alla direzione ci ha fatto pensare che finalmente le istituzioni venivano a prendere coscienza del grave stato di sotto organico dello stabilimento, che già oggi non ci consente di prendere tutte le commesse di lavoro che ci vengono proposte (due, del ministero dell’Interno, quelle più recenti; ndr), in quanto la carenza di personale in alcuni reparti strategici è ormai conclamata».

Il museo delle armi

Il museo delle armi

Il museo Invece, dicono i due sindacalisti, «ci siamo sbagliati. Le ‘istituzioni’ ci hanno lasciato fuori della porta e tanti saluti a tutti. Erano venute, solo, per prendere visione delle questioni inerenti il museo delle armi. Non vogliamo dire che il museo non sia importante, ma sicuramente la sopravvivenza dello stabilimento lo è ancora di più, perché dà lavoro vero a centinaia di famiglie sia civili che militari (attualmente ci sono circa 320 dipendenti civili e circa 40 militari; ndr) e perdere il secondo sito industriale della città non è certo auspicabile per la comunità tutta di questo territorio».

«Stabilimento strategico» Da tempo i sindacati denunciano «il rischio che venga accompagnato verso una lenta agonia, che è preludio della sua morte, quello che resta uno stabilimento strategico, perché solo qui vengono svolte lavorazioni specializzate che garantiscono la perfetta efficienza delle armi in dotazione non solo all’esercito, ma anche alle altre forze armate e dell’ordine». Tanto più che «l’età media che si registra tra i lavoratori ternani è di circa 56 anni e siccome ci sono molte situazioni caratterizzate dalla lunga esposizione a lavorazioni insalubri, potremmo registrare 56 pensionamenti nel giro di due anni, che saliranno a circa 90 in quattro. Lo stabilimento rischia il collasso, perché le lavorazioni sono strettamente dipendenti le une con le altre».

L’allarme Il consiglio comunale, ricordano Bizzarri e Lucci, «ha già sollecitato, con atti di indirizzo al Sindaco, a prendere posizione e cominciare ad interagire con il ministero della Difesa a salvaguardia del Pmal e delle sue potenzialità lavorative, ma quanto successo giovedì è la riprova: qualunquismo, sottovalutazione del problema, pigrizia e volare ormai talmente alto che i problemi di una realtà che può dare lavoro ad oltre quattrocento persone fra personale civile e militare vengono, forse, considerate bazzecole rispetto ai grandi scenari interplanetari che i nostri ‘rappresentanti’ delle istituzioni immaginano di frequentare. E che, per così poco, ritengono che non valga la pena spendersi». I tempi, ricordano, «sono stetti, noi vorremmo confrontarci ora con la Regione e il sindaco di Terni per disegnare un percorso serio per salvare il Pmal e non aspettare le prossime elezioni e quindi i prossimi rappresentanti istituzionali, anche perché potrebbe essere tardi».

 

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