Terni: Federmanager punta sull’autonomia energetica in Umbria. «Ma servono azioni e impegni precisi»

L’associazione ha fatto il punto: «Oggi produciamo il 50% dell’energia che consumiamo. Autoproduzione e Cer sono il futuro»

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di F.T.

Una ‘scossa’ sul tema dell’energia, destinata alle associazioni di categoria, con cui a breve partirà il confronto, ma soprattutto alla Regione e al Comune di Terni. «Perché i tempi stringono e si deve agire». Giovedì mattina Federmanager Terni ha fatto il punto su una questione che riguarda tutti, istituzioni, imprese e privati cittadini, presentando le conclusioni a cui sono giunti i tre ‘commissari’ che, a livello nazionale, sono impegnati in altrettanti organismi tematici dell’associazione. Parliamo di Augusto Magliocchetti (siderurgia), Vanio Ortenzi (gas e oil) e Massimo Cresta (rinnovabili). Un lavoro, il loro, a cui hanno contribuito anche tre ingegneri di Federmanager, Andrea Moriconi, Daniele Moroni e Giampaolo Giustozzi.

Luciano Neri

«I tre commissari – ha detto il presidente di Federmanager Terni, Luciano Neri – dialogheranno con il Governo attraverso gli organismi di cui fanno parte. Il lavoro condotto è stato presentato alla recente assemblea che abbiamo tenuto e lo stesso direttore generale ci ha esortati a rappresentarlo all’opinione pubblica, prima ancora che ai soggetti istituzionali preposti e che contiamo di coinvolgere nella nostra azione. La sitazione energetica dell’Umbria è quella di una regione che produce il 50% di ciò di cui ha bisogno, il resto lo ‘acquista’ da fuori. Questo gap va colmato e le fonti rinnovabili possono concorrere alla fornitura di altra energia, ponendoci come obiettivo l’autosufficienza».

Il quadro generale è stato tracciato da Augusto Magliocchetti che ha sottolineato come il consumo di energia in Umbria riguardi, secondo gli ultimi dati disponibili, «per il 43% il settore civile, 30% trasporti, 25% industria e 2% agricoltura. Nel 2014 il piano strategico del Governo aveva assegnato alla nostra regione l’obiettivo del 13,7% nel rapporto fra fonti rinnovabili e consumi totali. Da questo punto di vista, siamo stati certamente virtuosi visto che già nel 2020 il rapporto era del 23,8%. Nel complesso l’Umbria consuma annualmente 5.018 GWh e ne produce 2.632, con un deficit che dal 2005 è andato crescendo anno dopo anno, pari oggi al 51,8%. Fra l’altro il confronto fra la provincia di Perugia e quella di Terni non rispecchia il rapporto-base dei residenti che è 3 a 1: Perugia consuma 2.827 GWh annui e Terni, sulla spinta industriale, 2.191».

«Se da un lato – ha osservato Magliocchetti – è fondamentale che soggetti industriali di grandi dimensioni come Arvedi-Ast, che si confrontano quotidianamente con la problematica degli elevati costi energetici, continuino ad approvvigionarsi attraverso la rete nazionale ad alta tensione, dall’altro è opportuno che i privati cittadini e le realtà imprenditoriali meno estese vedano crescere l’autoproduzione locale. Un percorso in cui vanno valutati oggettivamente i pro ed i contro, senza alcun approccio ideologico».

Augusto Magliocchetti

Una volta sostenuto il confronto con le associazioni datoriali, Federmanager punta a far ‘passare’ alcune priorità. Come «la definizione di un Programma regionale per l’energia, con proposte concrete per la transizione verso fonti rinnovabili. La Regione in questo senso potrebbe contribuire in termini finanziari ma anche di semplificazione e accelerazione delle pratiche», ha proseguito Augusto Magliocchetti. «Il Comune di Terni invece – ha aggiunto – deve agire perché il settore commerciale, della grande distribuzione e delle attività artigianali incrementi la produzione e l’utilizzo di energia dall’autoconsumo, per ridurre la propria dipendenza dalle reti nazionali. Il focus è sulle Comunità energetiche rinnovabili (CER) che scardinano la dicotomia produttore-consumatore e fanno emergere la figura del ‘prosumer’, cioè colui che contribuisce e consuma una quota parte delle quantità energetiche generate dalla sua comunità. Il Comune dovrebbe accentuare il ruolo dell’azienda multiservizi pubblica (Asm-Acea, ndR) ampliando e valorizzando il patrimonio rappresentato dal possesso di una rete di media tensione moderna e ramificata».

L’ingegner Ortenzi ha invece rimarcato come l’Italia «oggi prosegua nell’acquistare metano da Paesi politicamente e socialmente instabili, evitando anche di valorizzare un’attività estrattiva e quindi una produzione interna che potrebbe raggiungere il 5/10% del fabbisogno. L’obiettivo ‘zero metano’ entro il 2050 è sinceramente un’utopia, ma si deve credere in una strada che porti ad un sempre più ampio di utilizzo di fonti rinnovabili». L’ingegner Cresta ha invece evidenziato una lacuna, per certi versi una contraddizione: «Fra il 2007 e il 2019 l’Italia ha portato la produzione di energia da fonti rinnovabili ad un 40% che ci ha consentito di superare anche realtà avanzate come la Germania. Accanto a ciò è mancata quasi completamente la filiera, la produzione componentistica interna che avrebbe consentito di sviluppare il settore. Infatti gli impianti, come quelli fotovoltaici, continuano ad essere acquistati all’estero. Servono azioni reali e certamente, in questo contesto, è fondamentale lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili: un’opportunità che non possiamo perdere».

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