Terni: lavanda dei piedi a dieci detenuti. Gesto del vescovo Soddu nel giovedì santo

Messa in carcere: il rito si ripete a distanza di un anno

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La celebrazione della messa in Coena Domini, del giovedì santo, è stata presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu all’interno del carcere di Terni, il secondo anno che questo importante momento del triduo pasquale viene celebrato dal vescovo nella casa circondariale. La messa è stata concelebrata dal cappellano del carcere padre Massimo Lelli, dal diacono Ideale Piantoni e alla presenza del magistrato di sorveglianza Fabio Gianfilippi, del direttore della casa circondariale Luca Sardella, del comandante della polizia Penitenziaria Fabio Gallo, dei volontari, formatori e operatori all’interno del carcere.

«Il senso profondo della pace»

Nel corso della celebrazione, molto partecipata e vissuta con particolare intensità e raccoglimento dai detenuti, il vescovo ha ripetuto il gesto della lavanda dei piedi a dieci detenuti. «In questa celebrazione ricordiamo l’istituzione dell’eucaristia nell’ultima cena», ha detto ai detenuti. «Ultima ma che è prima, perché è l’inizio di qualcosa che coinvolge tutti e che si ripete sempre: il servizio vicendevole, la donazione della vita gli uni per gli altri. Da questo dono nasce quello che sogniamo sempre: la liberazione e la pace. Nella misura in cui facciamo entrare Gesù nel nostro cuore, la nostra vita si trasforma, rinasce. Chiediamo al Signore la capacità di essere disponibili ad accoglierlo nel nostro cuore e farlo entrare nella nostra esistenza, lui che ha dato la sua vita per noi, perché diventiamo capaci di donarla agli altri. Il gesto della lavanda dei piedi non è un gesto di cortesia, ma è un gesto profondo di donazione, un gesto di amore. E di gesti amore tutti abbiamo necessità. Se manca l’amore non c’è più niente nella vita, ma solo odio, prevaricazione, conflitto. Seguendo gli insegnamenti del Vangelo apparirà il senso profondo della pace e della riconciliazione di cui tutti abbiamo necessità, abbandonando gli egoismi, l’egocentrismo e ciò che appesantisce la vita, per essere capaci di farsi prossimo con i doni che Gesù ci dà ed aprirsi alla speranza, perché quello che è morto dentro di noi, con l’aiuto di Gesù, può rinascere a vita nuova». Al vescovo è stata donata una croce pettorale realizzata dai detenuti di Casal del Marmo e Rebibbia nell’ambito del progetto Croce della speranza promosso dall’ispettorato generale dei cappellani, per tutti i vescovi impegnati nella pastorale carceraria.


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