Tutto il marcio di Umbria Mobilità

Il punto sull’inchiesta, con le rivelazioni dei giornali degli ultimi due giorni: sequestrati 8 milioni di euro, mazzette fino a 9 mila euro al mese

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Nuovi dettagli nell’inchiesta che coinvolge Umbria Mobilità e che, poco a poco, sta svelando anni di operazioni condotte ‘contro l’interesse pubblico’, secondo quanto emerge dalle carte dell’indagine, che i giornali stanno pubblicando in questi giorni.

Il dominus

E saltano fuori anche i nomi e le cifre delle singole tangenti che negli anni addietro avrebbero gravato sull’efficienza del servizio di trasporto pubblico regionale. Fra i primi, il dominus sarebbe quello di Paolo Paduano, ex direttore generale. Nei suoi confronti le principali accuse, mosse in particolare da un imprenditore nel settore trasporti, che nel 2017 ha denunciato anni di vessazioni e, soprattutto, di tangenti: si chiama Enzo Fonti e, stando alle dichiarazioni affidate nelle mani del pubblico ministero Manuela Comodi, fin dalla fine degli anni Novanta versava puntualmente un somma a chi, di fatto, gli consentiva di svolgere il suo lavoro nel settore pubblico, supplendo di fatto, proprio alle mancanze dell’azienda che quei servizi doveva erogarli.

Il sequestro

Non solo soldi, si parla anche di auto di lusso e vari benefit. E circa 9 mila euro mensili, bonifici giustificati tramite false sponsorizzazioni a società sportive, retribuzioni legate a fittizie assunzioni di familiari e conoscenti, utilizzo a titolo gratuito di auto di lusso e cessioni di partecipazioni societarie. In totale, la guardia di finanza ha sequestrato quasi 8 milioni di euro a quella che nelle carte viene definita come una «associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, all’induzione indebita, a dare o promettere utilità e alla bancarotta fraudolenta».

I romani

Oltre a Paduano, coinvolti dirigenti di alcune società consortili romane, tutte partecipate dalla stessa Umbria Mobilità, che quindi veniva gravata, da un lato, dalle tangenti e, dall’altro, dai crediti, mai riscossi, nei confronti delle società che gestiscono il servizio a Roma e nel Lazio. Ecco spiegato il buco milionario che ha portato l’azienda al collasso e di cui ancora si vedono le conseguenze che, guardacaso, ricadono tutte sugli utenti.

Il collasso

E conseguenze anche sulle casse regionali (quindi, ancora una volta, sui contribuenti umbri), visto che da Palazzo Donini erano costretti a foraggiare l’azienda a fine anno, per coprire le perdite e garantire così un servizio decente. Fino a quanto – e siamo ai giorni nostri – anche il settore pubblico ha avuto problemi. Ed è arrivato il collasso.

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