Umbria, disabilità: «Risorse alle famiglie»

Il consiglio regionale si appresta a discutere il nuovo Piano sociale. ‘Insieme per te’: «Assistenza diretta è garanzia di dignità»

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Consentire alle persone non autosufficienti di poter vivere una vita dignitosa, senza essere costrette ad allontanarsi dal proprio nucleo familiare e dai propri affetti, fornendo un adeguato sostegno alla famiglie che hanno persone disabili al proprio interno. L’associazione ‘Insieme per Te’ di Terni, che da diversi anni opera nel sociale e si occupa dei diritti delle persone svantaggiate, si batte ormai da tempo perché vi sia una svolta nel supporto da parte delle strutture pubbliche alle famiglie coinvolte da queste problematiche.

Il Piano sociale Martedì il consiglio regionale dell’Umbria discuterà il nuovo Piano sociale che, tra le altre cose, dovrà definire anche le modalità di assistenza da garantire alle persone con gravi disabilità e alle loro famiglie. E le associazioni come ‘Insieme per Te’ sono con il fiato sospeso nella speranza che qualcosa possa finalmente cambiare. Fino ad ora il sistema ha mostrato diverse lacune: attualmente l’assistenza è garantita solo con l’inserimento del disabile all’interno di strutture residenziali, sottraendolo quindi dal proprio ambito familiare, oppure con l’assistenza domiciliare fornita da persone esterne.

«Una vita dignitosa» «La nostra associazione – spiega il presidente di ‘Insieme per Te’, Angelo Bianco – si occupa di offrire un sostegno a chi si trova a vivere in prima persona tutte le problematiche legate alla non autosufficienza. Il sistema pubblico, una volta dimesse le persone dall’ospedale, non dà risposte adeguate a domicilio e le ore di assistenza, quando vengono programmate dai servizi sociosanitari, sono del tutto insufficienti per coprire i bisogni basilari dei disabili e delle famiglie che se ne prendono cura. Parliamo infatti di un impiego da parte del personale fornito dalle cooperative che va dalle 2 alle 8 ore a settimana, quando invece in molti casi ci vorrebbe una copertura totale nelle 24 ore».

Poche risorse In questo contesto manca anche un adeguato sostegno economico, rappresentato esclusivamente dalle pensioni di invalidità e dalle indennità di accompagnamento, il cui importo non supera i 500 euro al mese. Una cifra insufficiente per fare fronte alle necessità di procurare tutti quegli ausili e farmaci che non vengono erogati dal servizio sanitario regionale. Ci sono famiglie che arrivano a indebitarsi per pagare le badanti, vendendo immobili e consumando interi patrimoni per onorare i compensi di chi le deve affiancare nell’attività di assistenza.

Possibili soluzioni Secondo Bianco, però, la situazione potrebbe migliorare con alcuni accorgimenti: «Ci sono due modalità con cui le amministrazioni possono aiutare le famiglie che decidono di mantenere a casa i propri cari: l’assistenza domiciliare diretta – predisposta da Comuni, Asl ed erogata dalle cooperative – e l’assistenza domiciliare indiretta che prevede un contributo riservato al disabile e alla famiglia, con il quale si gestisce l’assistenza in autonomia. Ma la scelta assolutamente efficace e sostenibile dal punto di vista finanziario è quest’ultima, che si attua mediante la corresponsione di assegni di cura o di sollievo e assegni per badante-assistente. A Terni e nel resto della regione si può usufruire dei servizi domiciliari delle cooperative, non sufficienti a coprire i fabbisogni, oppure ci sono i centri diurni dove non tutti, però, possono accedere e soprattutto non tutti vogliono o sono compatibili con il loro utilizzo».

Libertà di scelta «La presa in carico del cittadino non autosufficiente da parte delle istituzioni – secondo il presidente di ‘Insieme per Te’ – dovrebbe coincidere con la libertà di scegliere se vivere al proprio domicilio oppure entrare in una struttura protetta o in qualche altra forma di residenzialità che comunque dovrebbe riproporre, quanto possibile, un contesto di vita familiare. E questa libertà va intesa anche nel senso di poter scegliere il proprio assistente o badante che può essere un familiare, un amico o anche una persona scelta all’esterno del nucleo e magari regolarmente retribuita secondo quanto dispone la normativa. D’altronde – prosegue Angelo Bianco – il sistema dell’assistenza indiretta viene applicato con successo in diverse regioni».

Esempi virtuosi «L’esempio più evidente è la Sardegna che investe oltre 150 milioni di euro nell’assistenza indiretta e dove i cittadini che si trovano con i bisogni assistenziali più elevati, possono ricevere fino a 5 mila euro al mese per pagare assistenti e badanti scelti liberamente, senza nessuna imposizioni da parte di Asl o comuni se non l’unico obbligo di assumere le persone con un regolare contratto e dimostrare agli enti pubblici tutta la documentazione del rapporto di lavoro. E in questo modo la Sardegna risparmia oltre il 50 % rispetto al ricovero nelle residenze sanitarie assistenziali. Ma anche la Toscana eroga fino a 1.800 euro al mese ai disabili per favorire progetti di vita indipendente. In Emilia Romagna è stata riconosciuta con legge regionale la condizione di familiare assistente e la Regione, oltre a prevedere un assegno di cura per il disabile, eroga un opzionale ‘assegno badante’ per chi vuole avvalersi di una figura esterna alla famiglia. In Piemonte per chi assiste un familiare disabile o un anziano non autosufficiente sono previsti fino a 1.600 euro al mese, 1.800 in Lombardia e nella provincia autonoma di Bolzano. In pratica solo in Umbria, in Calabria e in parte dell’entroterra della Campania non è prevista alcuna forma di assistenza indiretta».

I ‘caregiver’ «Non va poi dimenticato l’aiuto che va dato ai cosiddetti ‘caregiver’, ossia ai familiari che forniscono assistenza ad un congiunto, che anche in Umbria sono migliaia: cittadini che con il loro impegno fanno risparmiare miliardi di euro alla collettività, persone che per evitare ai propri cari il trasferimento nella strutture rinunciano ad una propria vita, donando tempo ed energie alla cura e all’assistenza di figli, fratelli, genitori non autosufficienti, tutto senza alcun compenso o tanto più alcuna copertura pensionistica e assicurativa»

Nodo-risorse «Spesso i cittadini in difficoltà che si rivolgono ai servizi sociali – afferma il presidente di ‘Insieme per Te’ – si vedono rispondere che non ci sono i fondi. Ma in realtà la disponibilità dei fondi, come ci insegnano le altre regioni, dipende da una scelta di carattere esclusivamente politico, chi non ce li mette è perché ha in mente un altro modello di welfare, quello che istituzionalizza e non rispetta la libertà di scelta. Dal 2006, in aggiunta ai soldi già stanziati dalle regioni e dai comuni, c’è un ulteriore fondo nazionale denominato Fna (Fondo nazionale non autosufficienti, ndR) che si incrementa annualmente ed è orientato al sostegno della domiciliarità, che deve servire a remunerare l’impegno di cura delle famiglie e l’eventuale assunzione di un assistente personale o un educatore per quei minori affetti da disturbi dello spettro autistico. Tutte figure scelte dai cittadini in assoluta libertà. Alla nostra regione vengono assegnati 7 milioni per il 2016 e oltre 8 milioni per il 2017, tutti soldi che devono andare direttamente alle famiglie per gli assegni di cura e gli assegni badante. Invece l’amministrazione ha ignorato quasi completamente quanto disponeva il decreto di riparto del fondo nazionale, indirizzando questi fondi solo in minima parte per assegni di sollievo in favore di disabili».

«Sostenere le famiglie» Anche per questo l’appuntamento che attende la Regione con l’approvazione del Piano sociale riveste particolare importanza ed è guardato con trepidazione dai tutti i disabili e le persone che ne hanno a cuore le loro sorti. La proposta di inserire un assegno di cura è stata portata avanti dal consigliere Marco Squarta (FdI) e dal gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle e potrebbe essere approvata: «Chi amministra la nostra regione – conclude Bianco – dovrebbe riflettere sui vantaggi che offre il finanziamento diretto al disabile e alla famiglia. Molti umbri non ce la fanno a sostenere tutti gli oneri derivanti dalle gestione di un disabile, in questo modo si può offrire un valido incentivo che va a vantaggio del cittadino con disabilità che può scegliere chi lo deve assistere restando a casa, coniugando le esigenze economiche con quelle assistenziali e psicologiche delle persone non autosufficienti, che potranno essere più agevolmente assistite grazie all’affetto e alla cura delle persone a loro vicine».

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