Umbria, occupazione: aumenta ma precaria

La relazione Ires Cgil sulla base delle stime Istat relative al secondo trimestre 2018

Condividi questo articolo su

di G.N.

Cresce l’occupazione in Umbria: è questo il dato più vistoso che, apparentemente, emerge dalla relazione Ires Cgil Umbria, sulla base delle stime Istat, relative al secondo trimestre 2018. Un aumento di 358 mila unità, 5 mila su base annua. Contemporaneamente c’è una riduzione della disoccupazione, che scende a 35 mila unità (-8 mila rispetto al trimestre precedente e -6 mila rispetto allo stesso trimestre del 2017). Mario Bravi, presidente regionale di Ires, parla di «segnali che vanno analizzati» ed evidenzia i punti di criticità strutturali che permangono, sulla base dei quali conclude che «se si tratta di un cambiamento, questo non va nella giusta direzione. Non è questo il cambiamento che vogliamo».

Cala la qualità dell’occupazione: evitare il ‘working poors’

«La qualità dell’occupazione che si è realizzata nel primo semestre è incentrata sulla precarietà e sulla provvisorietà. L’Osservatorio nazionale dell’Inps ci conferma che, le assunzioni a tempo indeterminato attivate nel primo semestre 2018 sono meno del 20% del totale (13,2%) e quindi oltre l’80% dei rapporti di lavoro ‘nuovi’ sono poveri e precari. Inoltre le cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono superiori alle attivazioni. Per consolidare la crescita dell’occupazione, occorre puntare sui diritti del mondo del lavoro, evitando il fenomeno crescente dei ‘working poors’, cioè di chi pur lavorando rimane povero».

Aumentano le richieste di disoccupazione

«Il dato recentissimo dell’INPS sulle domande di disoccupazione alimenta una valutazione estremamente critica. Infatti, in Umbria si assiste a una progressiva crescita delle richieste di disoccupazione. Erano 22.485 nel 2016, sono salite a 23.661 nel 2017 e ad agosto 2018 il numero è stato di 16.773 con una proiezione che arriverà a 25.800 a fine 2018. Una recentissima ricerca della Fondazione Di Vittorio, mette in evidenza come il disagio lavorativo nella nostra regione sia passato dal 16,1% del 2007 al 22,1% del primo semestre 2018 e coinvolge secondo nostre elaborazioni (su dati ISTAT) oltre 55 mila umbri. Si intende per disagio lavorativo, quella condizione di lavoro temporaneo e di part- time involontario, alla quale le persone sono costrette e che determina e accentua una condizione di basso reddito e di precarietà estrema. Il disagio lavorativo colpisce di più le donne, i giovani, è molto concentrato nei settori dell’alberghiero, dei servizi alla persona, e dell’agricoltura. Il disagio lavorativo in Umbria è più alto della media nazionale (21,7%)».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli