Formalmente si chiama licenziamento collettivo, tecnicamente è un accompagnamento alla pensione del personale che presenta i requisiti necessari. È questo il significato di ciò che l’amministratore delegato di Ast Massimiliano Burelli ha comunicato giovedì alle sigle sindacali, annunciando di avviare la procedura di licenziamento collettivo – ex mobilità – per 15 operai.
Disciplina più stringente
Si tratta di una procedura assoggettata a una disciplina particolare e più stringente rispetto a quella che regolamenta le uscite individuali: è subordinata a un procedimento di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e a una serie di vincoli ben precisi per il datore di lavoro nella scelta dei lavoratori da coinvolgere.
Confronto sindacale
La riduzione del personale con i licenziamenti collettivi è regolata direttamente dalla legge 223 del 23 luglio 1991, dunque dalla legge Fornero e infine dal Jobs Act. Secondo la normativa, un’azienda con più di 15 dipendenti che ha intenzione di licenziare almeno 5 persone in 120 giorni, deve prima di tutto consultare i sindacati: la legge dà la possibilità di concordare con le sigle i criteri di scelta del personale da coinvolgere, a dimostrazione dell’importanza attribuita al coinvolgimento sindacale in questo genere di procedure.
I criteri
Nella pratica i criteri più ‘gettonati’ in questo tipo di accordi sono quelli della volontarietà e della vicinanza alla pensione e anche Ast ha seguito questa strada. Stabiliti i parametri, il percorso sarà piuttosto semplice e seguirà una sua specificità. Il lavoratore che sceglierà volontariamente la procedura, sarà accompagnato al raggiungimento dell’età pensionabile attraverso ‘incentivazione aziendale’. Per incentivazione si intende la parte che il lavoratore riceverà dall’azienda e che si andrà a sommare alla Naspi (ovvero l’indennità mensile di disoccupazione).
Una sorta di prepensionamento
Tale formula consente al soggetto interessato di non perdere, nel corso del periodo che intercorre tra il licenziamento e il raggiungimento dell’età pensionabile, il salario che avrebbe maturato restando in stabilimento. Per i dipendenti interessati si tratta di una sorta di prepensionamento, su base volontaria. Non è un caso che gli stessi sindacati abbiano affermato che «non ci sono pregiudizi nel condividere tale percorso» e sembra siano stati proprio alcuni lavoratori a sollecitare l’azienda in questa direzione.