Acciaio, ‘stati generali’: focus su Cina e Brexit

Alla giornata di lavoro organizzata da Siderweb si è parlato anche di politiche di salvaguardia ambientale e di progetti di sviluppo

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Brexit, Cina e sostenibilità ambientale della produzione industriale sono stati i temi centrali della mattinata di lavori previsti dagli Stati Generali dell’Acciaio, iniziativa di Siderweb, il principale organo nazionale di informazione e consulenza rivolto al mercato siderurgico.

«Geografia dell’Acciaio» Al tavolo di confronto c’erano Antonio Tajani (vicepresidente del Parlamento Europeo), Antonio Gozzi (presidente di Federacciai) e Tommaso Sandrini (presidente Sindacato Acciai Assofermet), moderati da Stefano Ferrari (direttore Siderweb)

Antonio Gozzi

Antonio Gozzi

Brexit «L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà un impatto negativo, purtroppo. Sono stati commessi degli errori da parte dell’Europa – ha dichiarato il vicepresidente vicario del Parlamento Europeo, Antonio Tajani –perché il malcontento esistente non è soltanto quello britannico, ma è generale. Dobbiamo evitare che ci sia l’effetto domino. L’Europa non deve reagire con iniziative di ordinaria amministrazione. Una di queste è di portare avanti azioni di politica industriale che siano più forti di quelle adottate oggi dalla Commissione Europea. Ritengo, ad esempio, che sia necessario dare vita ad un Consiglio di Industria che abbia gli stessi poteri del Consiglio Ecofin, in modo che ci sia una scelta di strategia politica macroeconomica, ma anche una politica micro economica e quindi un sostegno forte all’industria. Se non sosteniamo l’economia reale e non puntiamo sulla crescita, il malcontento continuerà ad aumentare». Mentre secondoAntonio Gozzi, « l’Europa è nata sull’acciaio e quindi o l’Europa è capace di fare una politica industriale dell’acciaio, oppure non esiste l’Europa». E per Tommaso Sandrini «la Brexit è una chiamata alla responsabilità della classe dirigente, tanto dei singoli paesi che dell’Europa».

Antonio Tajani

Antonio Tajani

Cina e overcapacity di acciaio Uno scenario in mutamento, quello relativo alla geografia della siderurgia internazionale, che vede nella Cina un ulteriore centro nevralgico. Ciò, in particolare, a causa dell’overcapacity mondiale di acciaio, nella quale la siderurgia di Pechino ha un impatto del 58%. «Ma la sovracapacità – ha detto Gozzi -non è solo cinese. Il tema dell’overcapacity produttiva europea si cura con una politica economica e industriale adeguata. Ma anche intervenendo sulla lentezza di applicazione e entità dei dazi»». Il settore dei distributori di acciaio, ha ricordato Sandrini, «è apertamente schierato contro la cessione di status di economia di mercato alla Cina». Tajani non ha avuto dubbi: «Anche il parlamento europeo ha affermato il proprio “no” con straordinaria maggioranza, evidenziando un sussulto, anche a seguito della protesta dell’industria siderurgica europea a Bruxelles dello scorso 15 febbraio. Qualsiasi cosa accada, noi ci batteremo contro la concessione dello stato di economia di mercato alla Cina e, in ogni caso, dobbiamo lavorare sulle azioni di antidumping».

«Ambiente e sostenibilità» A confrontarsi c’erano Massimiliano Salini (europarlamentare, Commissione Industria), Stefano Leoni (membro del consiglio Fondazione Sviluppo Sostenibile) e Giuseppe Pasini (presidente Feralpi Group). «Riduzione delle emissioni, risparmio energetico e di materie prime, sono elementi sui quali la siderurgia italiana ed europea ha fatto passi da gigante. Ma non bisogna limitarsi a quello che dice la normativa. Se c’è la possibilità, si deve fare di più» ha Pasini; mentre per Leoni, «il grande problema oggi non è l’economia intesa come imprese, né la parte sociale, ma è l’istituzione. Oggi l’Italia vive un periodo di ristrutturazione delle basi industriali. La collettività, rappresentata dalle istituzioni, deve avere un ruolo. Il mercato da solo non ce la farebbe, il governo deve fare la propria parte». Servirebbe un cambio di paradigma: «Il difetto principale che riguarda l’Unione Europea su queste partite è che ragiona per target da raggiungere – ha detto Salini – perché spesso si parte dalla Commissione Ambiente per poi, forse, arrivare in Commissione Industria».

 

Tavolo_innovazione e rivoluzione digital«Innovazione e rivoluzione digital» A discutrerne sono stati Gianpietro Benedetti (presidente Danieli& C. Officine Meccaniche), Carlo Mapelli (docente di Metallurgia al Politecnico di Milano) e Marino Piotti (amministratore delegato Superpartes) moderati da Lucio Dall’Angelo (coordinatore generale Siderweb). Nell’epoca del «New normal», nella quale la siderurgia dovrà dimenticarsi il boom del recente passato e posizionarsi su volumi e capacità in linea con quelle attuali, il mondo dell’acciaio – ha spiegato Benedetti – dovrà rivolgersi con sempre più convinzione alla ricerca e all’innovazione. «La nuova frontiera per le fabbriche siderurgiche – ha spiegato Benedetti – si chiama industria 4.0. Ormai non è più un concetto astratto, su carta, ma una realtà. Un’applicazione dell’automazione spinta nella siderurgia, che permetterà un notevole aumento della produttività a fronte di una riduzione dei consumi. Oltre a vantaggi economici, la fabbrica 4.0 consentirà un incremento della sicurezza per il personale». Ma come diffondere questa innovazione a tutto il tessuto produttivo nazionale? «Come è noto – ha risposto Mapelli – l’Italia è contraddistinta da una moltitudine di imprese medio-piccole, che hanno difficoltà a fare ricerca e ad accedere ai bandi europei. Per andare incontro alle esigenze delle PMI è necessaria un’alleanza Università-impresa: solo così sarà possibile superare gli ostacoli e diffondere in maniera capillare l’innovazione». Ma le possibilità per la siderurgia e la manifattura nazionale non si fermano qui. «La cultura industriale ed il know-how industriale italiano – ha detto Piotti – sono il terreno sul quale si può “seminare” l’automazione, l’internet delle cose ed i big data, al fine di creare in Italia una sorta di Silicon Valley della manifattura, che possa fungere da punto di riferimento del settore a livello mondiale». L’Amazon o l’Uber dell’acciaio «dovrebbero nascere in Italia, Francia o Germania, nel cuore della manifattura europea: se accadesse sarebbe una straordinaria opportunità di sviluppo per il futuro della nostra industria».

Tavolo_L'umanesimo dell'acciaio«Umanesimo dell’acciaio» A questo forum hanno preso parte Luigi Bobba (sottosegretario al Ministero del Lavoro), Roberto Ariotti (presidente Assofond), Rosario Rappa (segretario Fiom – Cgil), moderati da Massimiliano Panarari (docente dell’Università Bocconi di Milano). «Oggi la responsabilità sociale dell’impresa è più che mai importante – ha detto Bobba – soprattutto se si pensa che anche l’Unione Europea ha emanato una direttiva che dal 2017 impone alle imprese con più di 500 dipendenti di fare il bilancio sociale». Essenziale per garantire il cambiamento sarebbe «l’alternanza scuola-lavoro, forza fondamentale della manifattura». Solo così, per Ariotti, «si dà spazio all’autonomia, alla crescita dei giovani. Tutti si impara ad essere elastici, a cambiare mansione». Obiettivo, ha aggiunto Rappa, è che il lavoro non diventi merce, che «il lavoratore sia soggetto attivo nei processi». In questo senso «saremmo favorevoli al modello tedesco, ma con una cessione di parte del potere da parte dell’impresa».

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