Umbria in crisi, Cgil: «Dramma lavoro»

Dati allarmanti dal Rapporto Istat. Il sindacato punta il dito contro il precariato e i voucher, contro cui sarà promosso un referendum

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Il rapporto Istat 2016 sulla povertà – di cui ci siamo ampiamente occupati – fornisce dati inquietanti sullo stato di salute dell’Umbria, in particolare su ricchezza media e tasso di lavoratori. Lo sottolinea la Cgil Umbra che parla di ‘dati drammatici’.

Più poveri, più soli «In un solo anno – sottolinea il comunicato – la quota di persone a rischio povertà ed esclusione sociale è cresciuta nella nostra regione del 6,6%, passando dal 21,9% al 28,5%. Un balzo che non ha pari nel nostro paese, fatta eccezione per la Puglia, e che sposta nettamente l’Umbria verso il Sud, ovvero verso le aree più povere dello Stivale. Basti dire che in un anno il distacco dalla Toscana passa da 2,7 a 10 punti, mentre anche il Lazio per la prima volta “scavalca” l’Umbria, relegandola al ruolo di fanalino di coda di tutto il centronord».

«Fallimento Jobs Act» «Siamo di fronte all’ennesima conferma della drammaticità della crisi e della totale inefficacia delle politiche messe in atto per farvi fronte – continua il sindacato regionale – il Jobs Act ha ulteriormente precarizzato il lavoro creando nel 2015 un evidente effetto ‘doping occupazionale’, dovuto agli incentivi, subito cancellato però dal tracollo delle assunzioni nel 2016 (anche qui l’Umbria ha il primato in Italia) e accompagnato invece da una costante e impetuosa crescita dell’utilizzo dei voucher, nuova frontiera del precariato estremo, per la cui abolizione la Cgil ha raccolto le firme per un referendum».

Voucher? No grazie Oltre 24mila umbri, nel 2015, sono risultati occupati con i voucher, uno strumento che secondo la Cgil è senza tutele e senza diritti: «Urgono interventi di welfare universale, con politiche di inclusione strutturate e non interventi spot. Per contrastare gli elevati tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, si deve lavorare nella direzione di creare lavoro stabile, promuovendo uno sviluppo industriale che superi le troppe aziende che lavorano per conto terzi e non riescono a collocarsi in un mercato autonomo, che si rivela peraltro sempre più competitivo».

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