«Aumenta la distanza fra Terni e Perugia»

L’analisi di Bankitalia sull’economia umbra mette a nudo le difficoltà del ternano, per ciò che è stato e per una ripresa che stenta

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Un regione scossa dalla crisi, che dà segnali vitali per il 2018 – con significative differenze fra i territori – ma che ha ancora tanta strada da fare e che, soprattutto, conferma di essere ‘a due velocità’. Questi alcuni dei passaggi del rapporto ‘L’economia dell’Umbria’ che è stato presentato venerdì anche a Terni, città che fra il 1981 e il 2001 ha perso il 35,5% degli occupati nell’industria manifatturiera ed il 27,8% fra il 2001 e il 2015. Numeri ben più pesanti del contesto nazionale di settore e che hanno portato ad una perdita del valore aggiunto delle imprese più consistente che altrove.

Giammarco Urbani

I contributi Nel corso dei lavori, aperti dal direttore centrale della filiale Bankitalia di Perugia Nicola Barbera e dal saluto del ‘padrone’ di casa Giammarco Urbani (presidente Confindustria Terni), è stato analizzato il contesto regionale, così come quello ternano in particolare con i contributi dei ricercatori Paolo Guaitini, Daniele Marangoni e Lucia Lucci. Chiusura affidata alle testimonianze dirette del consulente aziendale Sergio Cimino (RC& Consulting) e dell’imprenditore Giuliano Gilocchi (All Food).

Ripresa a due velocità La prospettiva – è stato detto – è rappresentata da ciò che potrà giungere, in termini progettuali e di occupazione, anche dal riconoscimento del ternano-narnese come ‘area di crisi industriale complessa’. Sulla ripresa, come accennato, permangono significative differenze fra un’Umbria – quella ternana – che fatica a mettersi al passo con i tempi e le nuove condizioni economiche (anche in ragione del suo storico legame con l’industria suderurgica) e l’area perugina che, caratterizzata da un numero maggiore di Pmi, gode di un dinamismo più accentuato.

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