Cooperativa Perugina, se la politica è assente

Perugia, caso Nestlé: gli ex dirigenti hanno portato in Regione il progetto. Nessun successo. «Salvare il lavoro come può essere in contraddizione con le trattative?»

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Universi paralleli. Da un lato le famiglie, i lavoratori, i figli e i parenti, dall’altro chi le decisioni le prende e sembra non vedere cosa accade tutto intorno.

Alcuni cioccolatini storici

L’idea Se il progetto di alcuni ex dirigenti Perugina oggi in pensione che, per una vita intera, hanno dedicato tempo e cura alla crescita di quella che, in città, era considerata la ‘fabbrica’ ha entusiasmato gli animi più nobili e appassionato chi ha a cuore le sorti della Perugina, ecco che il primo incontro con la realtà politica è sembrato più uno scontro con un muro di gomma. L’idea, portata avanti da figure di spicco che hanno reso grande la Perugina negli anni ’70 e ’80, è quella di costituire una cooperativa che possa assorbire parte degli esuberi e tornare a produrre, sotto lo storico marchio, tutti quei cioccolatini e prodotti dismessi dalla multinazionale perché non più convenienti. Un’idea tanto semplice quanto funzionale e originale che, nelle menti degli ideatori, non avrebbe arrecato danno a nessuno. Anzi.

Workers buyout In America si chiama workers buyout e ogni tentativo portato avanti da ex dipendenti di ‘salvare’ l’azienda viene salutato come eroico. Anche in Italia, nel tempo, questa pratica si è diffusa sempre più, fino a trovare, già nel 1985, le prime basi normative che regolano la materia. Secondo uno studio fatto dal Fondo sociale europeo in collaborazione con il ministero del Lavoro, con la crisi economica progetti di questo tipo si sono rivelati utili per la tutela del lavoro e più della metà di quelli intrapresi hanno riscosso successo, con oltre 120 esempi di cooperative tutt’oggi ancora in funzione.

Marini assente In Umbria, invece, già dal primo incontro istituzionale sembra affacciarsi l’idea che la soluzione non sia percorribile e che, tantomeno, la politica intenda farsi portavoce di istanze tanto nobili. In attesa di incontrare il sottosegretario Teresa Bellanova che ha seguito tutti gli incontri ufficiali al ministero, venerdì pomeriggio il gruppetto di ex dirigenti doveva incontrare la presidente della Regione Catiuscia Marini. Doveva, per l’appunto, perché la governatrice non c’era. Al suo posto Luigi Rossetti, dirigente sviluppo economico e attività produttive della Regione, il consigliere politico Valentino Valentini e i consiglieri regionali Carla Casciari e Giacomo Leonelli.

La trattativa in Confindustria

Esuberi «La nostra proposta è stata giudicata interessante, però la Regione non si può fare portavoce del progetto al tavolo delle trattative con Nestlé e sindacati – spiega Francesco Falcinelli, ex dirigente a capo del personale in Perugina – perché contrasterebbe con la linea che si sta seguendo». Una risposta che lascia l’amaro in bocca e che non può essere compresa a pieno, dal momento che sembra poco realizzabile l’ipotesi che, alla fine della vertenza, l’azienda intenda rinunciare agli esuberi annunciati. Da quando, infatti, è stata avanzata l’ipotesi della buona uscita ‘volontaria’ con un incentivo da 60 mila euro sembrerebbe che a San Sisto si spingano i dipendenti ad accettare questa somma subito, prima che i fondi finiscano e qualcuno rischi di rimanere a bocca asciutta.

Una vecchia insegna Perugina

Contraddizioni? «Secondo quanto ci hanno detto – prosegue Falcinelli – la nostra proposta basata sul recupero di alcuni lavoratori tramite cooperativa andrebbe in contraddizione con la linea dei sindacati e della regione basata su ‘zero licenziamenti’. Secondo loro, dunque, è una contraddizione. Secondo noi no, anche perché qualcuno ha già accettato gli incentivi per andarsene». Eppure, la cosa che convince ancora meno, è perché sul tavolo vengano portate avanti altre proposte meno interessanti e ancora meno praticabili del progetto cooperativistico. «Il polo logistico, la filiera delle nocciole, il parco del cioccolato: come si può pensare di salvare la Perugina piantando un noccioleto, con i tempi che richiede. Oppure come si può pensare che saranno dislocate a San Sisto le produzioni internazionali di cioccolato già delocalizzate all’estero con costi più bassi? E’ una follia, la verità è che se si va avanti così nel giro di 10 anni la Perugina sparirà».

Al Mise In attesa del prossimo step, l’incontro al Mise martedì prossimo, chi ha a cuore le sorti della fabbrica cittadina sta già pensando a mettersi in contatto con Nestlé per proporre direttamente alla multinazionale l’idea. Che, manco a dirlo, ha già riscosso l’intero apprezzamento della città. «Noi teniamo a questo progetto e il business plan è pronto, ci devono dire di no in faccia. Dopo di ché penseremo a trovare altre strade».

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