Umbria, Tajani guarda in faccia le imprese

Ospite di Confindustria a Terni, il presidente del parlamento europeo ha parlato del futuro dell’Italia nel contesto comunitario

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di F.T.

Industria 4.0, il ruolo dell’Italia nel contesto europeo ma anche quello dell’Umbria e di Terni – a partire dalla questione siderurgica – nel quadro nazionale e internazionale. Di tutto questo, e molto altro, ha parlato il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, ospite lunedì mattina a Terni di Confindustria.

TERNI, ANTONIO TAJANI: «DIFENDERE L’ACCIAIO» – VIDEO

I saluti Dopo i saluti iniziali del presidente regionale degli industriali Antonio Alunni («l’Europa deve essere il luogo migliore dove fare impresa e l’Italia ne deve essere il primo attore», ha detto), Tajani, intervistato dal giornalista Italo Carmignani, è subito entrato nei temi centrali della giornta.

ANTONIO TAJANI A TERNI – GLI SCATTI DI MIRIMAO

«Tassare i giganti del web» «L’Italia – ha detto il presidente del parlamento europeo – deve fare qualcosa di più in Europa, contribuendo in maniera determinante alla definizione delle strategie future. Il prossimo bilancio comunitario sconterà la mancanza degli introiti del Regno Unito, ma si può e si deve agire in direzioni ben precise per non gravare su imprese e cittadini in termini di tasse. Ad esempio introducendo la ‘web tax’, visto che attualmente i giganti di internet pagano tasse irrisorie senza creare posti di lavoro e portando gli utili negli Usa e in Cina. Dobbiamo poi tassare la transazioni finanziarie speculative e quei prodotti che, provenienti da imprese di paesi extra-Unione, non rispettano le regole severe, anche sul fronte ambientale, a cui sono sottoposte le realtà produttive europee».

Immigrazione e ‘piano Marshall’ Antonio Tajani ha poi affrontato alcuni temi ritenuti centrali per definire le future strategie europee e dare prospettive di sviluppo – anche produttivo – ai singoli paesi membri. «Il tema dell’immigrazione clandestina deve trovare una soluzione. Non possiamo ‘nascondere’ 600 mila persone in Italia. La solidarietà può e deve realizzarsi attraverso investimenti mirati in alcune aree del mondo da cui le persone cercando di andarsene. Ad esempio in Africa, un continente ricchissimo di materie prime. Senza un grande ‘piano Marshall’, nei prossimi anni rischiamo di trovarci di fronte a degli esodi biblici. Invece i 40 miliardi di euro che ho proposto venissero indirizzati, oltre alle risorse già previste, su interventi di questo tipo, possono rappresentare non solo una soluzione al problema originario, ma anche una straordinaria opportunità per le imprese europee e italiane».

La disoccupazione giovanile Altro problema evidente, soprattutto in Umbria «che da questo punto di vista ha numeri peggiori della media europea e di quella italiana», è la disoccupazione giovanile: «Investire sulla formazione, sulla digitalizzazione, utilizzare al meglio i fondi europei, e questo spesso non avviene, specie nel Mezzogiorno. Sono alcune delle strade da seguire. Ma la politica deve rimettere al centro i cittadini, ponendo le imprese nelle condizioni ideali di creare occupazione. Sono preoccupato per i ragazzi che oggi studiano e che domani rischiano di trovarsi a bivaccare da una piazza all’altra, senza sogni e magari prede di qualche delinquente. Noi dobbiamo dargli una prospettiva, batterci per loro e ottenerne la fiducia. Perché i progetti si costruiscono insieme. Anche per questo credo nella politica industriale, anche per Terni dove mi sono sempre battuto per difendere le acciaierie».

Crediti ‘deteriorati’ Sempre sul rapporto Europa-imprese, il presidente del parlamento Ue ha spiegato che «la questione dei ‘crediti deteriorati’ va risolta una volta per tutte. Non è possibile che il sistema di vigilanza della Bce, per quanto composto da persone competenti, si arroghi il diritto di esercitare l’attività legislativa in nome e per conto del parlamento europeo. Ciascuno ha il proprio ruolo e, dopo aver scritto a Mario Draghi, sono pronto a portare questa battaglia all’attenzione della Corte di Giustizia se nulla dovesse cambiare. I tecnocrati della vigilanza Bce devono applicare ciò che il potere legislativo decide, non imporre regole alle banche europee. Una dinamica simile riguarda l’Agenzia del farmaco: non mi interessa dove verrà spostata la sede, ma l’assemblea non può fungere da passacarte. Per cambiare sede serve un nuovo regolamento proposto dalla comissione europea, approvato da parlamento e consiglio. Punto».

L’antipolitica e la Brexit «A noi politici spetta il compito di capire perché i cittadini sono scontenti, ponendoli al centro delle nostre decisioni. Questa ‘alleanza’ sta nel fatto che non possono essere i burocrati a decidere i nostri destini: questo compito spetta alla politica. Se vogliamo che l’astensione diminuisca, dobbiamo far sentire le persone al centro di un progetto. Al parlamento europeo, ad esempio, ci siamo imposti per far sì che dopo la Brexit, i cittadini europei che vivono nel Regno Unito mantenessero inalterati tutti i propri diritti. Una questione di giustizia sociale».

Il ruolo delle multinazionali Sessanta in Umbria, almeno venti a Terni: le multinazionali hanno un peso decisivo nel contesto economico locale e nazionale. Per Tajani «è senz’altro positivo che scelgano i nostri territori, ma devono rispettare le regole esistenti e non godere di particolari privilegi. Spesso queste realtà fanno affari per poi andarsene di colpo, in cerca di contesti ancora migliori, anche da paese europeo a paese europeo, per guadagnare ancora di più. Spostare produzioni e posti di lavoro non è la soluzione, perché il lavoro va creato. E vanno rispettati tutti gli imprenditori che sottostanno a regole ferree e che, come quelli italiani, spesso vengono tartassati. Anche per questo dico: nessun privilegio».

Terni e le sue acciaierie Verso la conclusione dell’intervista, Antonio Tajani ha anche parlato di Antitrust e futuro del polo siderurgico ternano: «Intanto vanno cambiate le regole della concorrenza. Perché quelle che ci sono risalgono al 1957 e, per quanto valide, oggi si trovano a regolamentare un mondo completamente diverso da quello in cui erano nate. Perché io vorrei più turisti cinesi, ad esempio, ma meno acciaio cinese nel nostro continente. Per Terni la vicenda Outokumpu non ha avuto alcun senso, né politico né industriale. Ridurre le potenzialità delle acciaierie per alcune regole in tema di concorrenza, è stata una follia. L’economia ternana ne paga ancora oggi i danni, così come li paga la politica dell’acciaio europeo. Rischiano di diventare il luogo dove i super produttori cinesi mandano il proprio acciaio, prodotto in maniera superiore alla necessità di quella nazione. Non possiamo morire, allo stesso modo, per azioni anti-dumping applicate in altre parti del mondo. Per noi il commercio è e deve restare competizione, non invasione. Solo la concorrenza può dare sviluppo e qualità».

«Turismo volano di sviluppo» Uno degli assi dove l’Italia può e deve puntare per il futuro, è quello turistico: «Ma un’offerta turistica che sia evoluta – afferma Tajani – perché oggi neanche il più piccolo degli agriturismi può ritrovarsi con titolari che non parlano una parola di inglese o non hanno dimestichezza con gli strumenti digitali. In questo contesto l’Europa può fare molto, per promuoversi e mettere a sistema i vari paesi. L’Umbria ha grandi spazi, ma la promozione di un turismo di qualità deve essere fatta capillarmente e seguire al tempo stesso la crescita di una mentalità imprenditoriale, perché il turismo non è solo servizi ma è una parte fondamentale del comparto industriale».

La mattinata in Confindustria è stata poi seguita da un momento conviviale in largo Frankl, organizzato da Corso del Popolo Immobiliare, dove Tajani ha incontrato cittadini, imprenditori, politici del territorio. A seguire, visita presso la locale sede della Confcommercio e i laboratori dell’Università dei Sapori.

Il commento Così l’ex ministro Cesare Damiano, candidato Pd alla Camera nel collegio uninominale Umbria3: «Ho apprezzato il fatto che finalmente anche il presidente Tajani abbia fatto emergere alcune indicazioni che vanno nella direzione che ho sempre sostenuto: l’esigenza di superare una logica nella quale il mercato è in grado di autogovernarsi per passare, invece, alla definizione delle regole del gioco. Questo vale soprattutto per le multinazionali che non possono usare risorse comunitarie a loro piacimento, chiudendo stabilimenti nazionali per rincorrere offerte di paesi a basso costo di manodopera in giro per l’Europa: si chiama dumping sociale».

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