Acqua alla trielina: «Fuori i colpevoli»

Terni: il comitato ‘Per l’acqua bene comune’ torna sulla questione e attacca il progetto di un nuovo acquedotto in Valnerina

Condividi questo articolo su

No al nuovo acquedotto della Valnerina giudicato «inutile e devastante per il fiume Nera», sì a una radicale ristrutturazione di quello esistente e – soprattutto – la creazione di un coordinamento per individuare «i responsabili del grave inquinamento da trielina dei pozzi idrici nella zona Stadio-San Martino». In più, l’adesione totale alla manifestazione promossa per il prossimo 14 febbraio dal comitato ‘No Inceneritori’. Il comitato ‘Per l’acqua bene comune’ rilancia la propria azione attraverso l’iniziativa pubblica denominata ‘Assalto all’acqua’ che si è tenuta sabato pomeriggio a Terni presso la Siviera.

Il nuovo acquedotto Del nuovo coordinamento fanno parte le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness, Wwf, Tam Cai, Italia Nostra, i comitati della Conca, della Valnerina e di Orvieto e il comitato No Inceneritori. «L’attacco al diritto all’acqua – spiegano – si serve di una ‘strategia dell’emergenza’ attraverso la quale si cerca di far passare come necessaria un’opera devastante che pone serie e pesanti ipoteche sull’esistenza dello stesso fiume Nera. Tutto ciò per gli interessi privati di chi gestisce il servizio idrico e di chi dovrebbe amministrare la cosa pubblica, ma di fatto fa il passacarte per garantire gli interessi di gruppi e lobby».

«Totalmente contrari» «Il nuovo acquedotto – spiegano dal comitato ‘Per l’acqua bene comune’ – è stato chiaramente definito il problema e non la soluzione. Non deve essere accettata la logica emergenziale che Regione, Comune di Terni e Servizio idrico vorrebbero imporre al territorio e ai cittadini, senza alcuna strategia di tutela dell’ambiente e del fiume Nera. Di fronte a perdite idriche dell’acquedotto intorno al 40%, non ha senso progettarne uno nuovo se non per captare fondi europei. Tali fondi rimarrebbero infatti nelle tasche dei gestori in quanto le spese per gli impianti possono essere, per legge, compensati da aumenti in bolletta».

Questione più ampia Ma la questione è anche di natura ideologica: «È stata ormai smontata – attaccano le associazioni – la logica falsa e fuorviante che la gestione privatistica dei beni comuni porti alla soluzione dei problemi o alla tutela dei cittadini e dell’ambiente. Se la priorità di chi gestisce il servizio idrico è quella di fare profitti, il bene comune e la salute pubblica vengono messi in secondo piano. Si è ricordato il tradimento dei risultati del referendum che avevano sancito, col 95% dei votanti, la volontà popolare che l’acqua fosse un bene comune e non una merce su cui fare profitti. La gestione del servizio idrico separata dalla proprietà ha ribaltato il pronunciamento popolare e garantito interessi e profitti, coperti da tariffe sempre più alte pagate dai cittadini». Il comitato tornerà a riunirsi il prossimo 12 febbraio, alle ore 17, presso la sala Laura di via Carrara, 2.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli