Gizzi divide: «Servono altri cento come lui»

Dopo la richiesta di dimissioni della Regione, il centro studi ‘Malfatti’ interviene a sostegno del Soprintendente

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di Danilo Stentella
Direttore centro studi politici e sociali ‘Franco Maria Malfatti”

E così l’uomo che a Recanati, insieme al Fai, a Italia Nostra, al conte Vanni e ad alcuni discendenti di Leopardi, è riuscito a difendere un importante e simbolico tratto di paesaggio, quello del monte Tabor, più noto come il colle dell’Infinito, da un’operazione di speculazione edilizia che ne avrebbe stravolto per sempre il tratto, dopo che altri geni dell’amministrazione della cosa pubblica nel 1998 avevano pensato di farci passare su addirittura un elettrodotto (proprio lì, con tutto un mondo a disposizione), quell’uomo, l’architetto Stefano Gizzi, oggi soprintendente per i beni culturali dell’Umbria, sarebbe un problema per la regione, da rimuovere al più presto.

E chi lo chiede? Oltre a Regione e Anci lo chiedono Rete delle professioni e mondo delle imprese, in quanto, per bocca della presidente della Regione Umbria Marini, starebbe creando danni, ben documentati in un dossier redatto da Regione, Anci e Rete delle professioni. Uno strano sodalizio tra chi si occupa del bene comune e chi ha come unico obiettivo la generazione di utile d’impresa. E’ come se un’associazione di palazzinari chiedesse l’abrogazione della legge Galasso, al fine di poter costruire ogni tipo di edificio ovunque, o come proibire l’uso di biancheria intima su istanza di un gruppo di stupratori, così, tanto per fare prima.

Dal suo insediamento il soprintendente avrebbe bloccato cantieri già finanziati in tutta l’Umbria, questo sarebbe il danno corrente, a nessuno importano le motivazioni. Senza entrare nel merito delle singole questioni, alcune delle quali ci vedono parte interessata, come la conservazione della passerella Telfer di Papigno o il blocco del progetto di edificazione dell’area ex Gruber, a Terni, vogliamo citare un caso emblematico, uno solo, per adesso, dell’ottimo lavoro svolto dai predecessori di Gizzi: l’orrendo scempio di Cor delle Fosse a Marmore. Una vera e propria rarità geologica e paesaggistica, un sito utilizzato dai romani come bacino, posto a poche centinaia di metri dalla Cascata delle Marmore, potenzialmente utile ad ampliare l’offerta paesaggistica dell’area e ad aumentarne l’attrattività e la capacità di generare reddito, storpiato irreparabilmente da una galleria di servizio del tunnel della strada Terni-Rieti e da un edificio posto praticamente al centro del bellissimo prato carsico, scempio al quale nessuno si è opposto. Anche qui con tutto un mondo a disposizione, queste squadre di geni dove vanno a realizzare tutte queste opere? Non negli spazi disponibile della limitrofa cava dismessa, ma nel bel mezzo di un bene di valenza paesaggistica notevolissimo.

In una nazione il cui territorio si va progressivamente disgregando, vittima degli interessi di costruttori e speculatori di ogni natura, in città come quelle umbre nelle quali si continua a costruire condomini di dubbio gusto, i cui appartamenti restano invenduti e spesso vittima dei ladri di materiali edili, dove si continua a consumare terra fertile per realizzare centri commerciali e aree artigianali, mentre migliaia e migliaia di metri cubi giacciono inutilizzati a causa della catastrofica serie di chiusure di attività imprenditoriali, di Gizzi ce ne vorrebbero almeno un centinaio.

Gli estensori della richiesta di rimozione dalla sua carica di Soprintendente regionale dovrebbero provare almeno un po’ di vergogna per l’istanza, non tanto per il buon gusto che evidentemente non hanno, quanto per il diritto di questa e delle future generazioni al bello e ad un ambiente di vita a misura d’uomo, perché questa è la battaglia che Gizzi sta combattendo, lui sì, tenendo fede al mandato del suo incarico pubblico. Ci dovremo fare carico della difesa di quest’uomo che sta tutelando una parte del nostro presente e anche la capacità in futuro di essere ancora una nazione in grado di attrarre turismo culturale, e non un anonimo territorio senza storia.

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