L’Umbria dei veleni, sequestri del Noe

Sigilli in via preventiva a un’area di oltre 255 ettari e a due pozzi. La Procura ipotizza il reato di disastro ambientale

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Una nuova inchiesta per quello che, forse un tempo, era il cuore verde d’Italia. Dopo le denunce, infatti, ora si muove la Procura di Perugia che mercoledì mattina ha disposto un maxi sequestro tra Piegaro e Panicale. Nel fascicolo che la procura di Perugia ha aperto a carico di ignoti, il reato ipotizzato è disastro ambientale.

Sequestro A finire sotto i sigilli del Noe di Perugia, il nucleo operativo ecologico dei carabinieri, è un’area di oltre 255 ettari compresa tra i comune di Piegaro e Panicale appunto, là dove sorgeva l’ex bacino minerario utilizzato per l’estrazione della lignite da parte della società Enel Spa, assieme a due pozzi dislocati a Tavernelle e all’interno della vecchia centrale di Pietrafitta.

Via preventiva «Il sequestro dell’area – fanno sapere le forze armate – dopo una prima fase di attività ispettive condotte dai carabinieri del Noe con prelievi e campionamenti effettuati dai tecnici dell’Arpa e della Usl perugini – è stato disposto in via cautelativa allo scopo di effettuare ulteriori approfondimenti finalizzati ad accertare la sussistenza di eventuali criticità di natura ambientale e sanitaria». Il provvedimento vuole infatti impedire che, in tutta l’area, siano effettuate movimentazioni del terreno anche per fini agricoli, senza la preventiva autorizzazione da parte delle autorità competenti.

I sospetti che, in quei terreni, negli anni, siano state interrate le ceneri delle combustione della centrale Enel di Pietrafitta e, assieme a quelle, anche montagne di rifiuti, si fanno sempre più strada visto che oggi, a 30 anni di distanza, quei rifiuti stanno riemergendo dal terreno. E, proprio per questo, il sequestro preventivo viene visto dal consigliere del M5S Andrea Liberati come l’alba di un nuovo giorno. «Sarebbe necessario valutare a questo punto il sinergismo di potenziamento, fenomeno ivi derivante dalla somma dei metalli pesanti dispersi all’epoca nelle matrici aria-suolo-acqua  -afferma il consigliere – fattori inquinanti che, uniti alle ceneri di carbone sepolte in modo affatto episodico nella valle, possono cagionare presumibili effetti negativi maggiori proprio in virtù delle molteplici cause di rischio per l’uomo, l’ambiente e la salute».

Liberati Ora, prosegue Liberati, ci aspettiamo che gli organi di controllo, a partire dalla Asl, leghino insieme i dati ambientali e sanitari in loco «anche alla luce di una riflessione che, lungi dall’essere eterodossa, è viceversa ben nota e riconosciuta nel mondo della medicina e della farmacologia, informando dunque le popolazioni in modo esaustivo: bisogna comportarsi proprio in modo opposto rispetto al contegno tenuto -per decenni- dalla Regione Umbria, spettatrice passiva e svogliata di un dramma collettivo».

Squarta E sulla vicenda interviene anche il consigliere Marco Squarta, di Fratelli d’Italia, che ricorda come il suo partito sia sempre stato dalla parte dei cittadini vittime di questa situazione. «La questione – ricorda il consigliere di opposizione – è stata sollevata in assemblea legislativa da Fratelli d’Italia, in seguito alle numerose segnalazioni da me ricevute, chiamando in audizione l’Arpa e la direzione generale della Sanità. Il sequestro di 255 ettari di terreno è un segnale forte da parte degli organi inquirenti impegnati a cercare la verità in un’indagine complessa. Perché – aggiunge – quei residenti che hanno visto morire alcuni loro familiari per tumore vogliono conoscere soltanto la verità. L’auspicio – conclude Squarta – è che quell’area venga bonificata e torni come era tanti anni fa, quando vivere in quelle zone non era pericoloso per la salute dei cittadini».

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