Terremoto: «Fatti concreti e subito»

Perugia, assieme ad altri giovani Andrea Ferroni ha preso le ferie e dal 25 agosto è nelle zone colpite dal sisma assieme alle Brigate di solidarietà attiva

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L.P.

Raccolta beni di prima necessità, cene di finanziamento, ma anche solidarietà attiva. La grande catena che si è alimentata in tutto il paese dopo il tragico terremoto che ha distrutto parte del centro Italia ha visto coinvolgere anche alcuni giovani umbri che, zaino in spalla, sono partiti come volontari nelle zone più colpite dal sisma.

Uno dei magazzini dove le Brigate hanno raccolto beni da tutta Italia

Uno dei magazzini dove le Brigate hanno raccolto beni da tutta Italia

L’epicentro E’ il caso di Andrea Ferroni, perugino di 25 anni che il giorno dopo la scossa che la notte del 24 agosto ha trascinato sotto alle macerie quasi 300 persone tra Marche e Lazio, oltre ad aver fortemente danneggiato edifici pubblici e privati in Umbria, è partito alla volta di Acquasanta Terme, piccolo paese di neanche 3 mila abitanti a 19 chilometri da Ascoli Piceno. Immersa nella vallata a poca distanza da Arquata del Tronto, Accumoli e Amatrice, all’indomani del terremoto ad Acquasanta sono arrivati un gruppo di volontari delle Brigate di solidarietà attiva. Gruppo informale di volontari nato durante il sisma de L’Aquila, le brigate si stabiliscono nei luoghi immediatamente prossimi alle località più colpite dal terremoto per non creare disagio durante le primissime operazioni di soccorso. «Dopo aver fatto una mappatura delle zone, le dovute verifiche sulla situazione e dopo esserci informati e aver preso accordi, siamo partiti per l’intervento», racconta Andrea.

Un camion pronto a portare aiuti nelle zone colpite dal sisma

Un camion pronto a portare aiuti nelle zone colpite dal sisma

Le brigate Giovanissimo, eppure già molto attivo, Andrea ha conosciuto le tendopoli de L’Aquila e anche quelle dell’Emilia, dove ha gestito un campo con circa 260 persone. «Non siamo esperti di emergenza, noi facciamo solidarietà attiva – ci spiega – che significa in primis non intasare le operazioni di soccorso e non intralciare il lavoro delle istituzioni e di forze dell’ordine e protezione civile. Cerchiamo di darci da fare e aiutare le popolazioni là dove non ci sono aiuti. Colmiamo i vuoti, diciamo, e ci mettiamo a disposizione per quello che serve». Appena arrivati ad Acquasanta, infatti, la protezione civile aveva portato le tende per la popolazione e il sindaco era un po’ in agitazione per il montaggio. «Così ci siamo dati da fare sin da subito».

Solidarietà produce solidarietà Si sono fatti conoscere, quindi, e si sono messi a disposizione dell’amministrazione e della protezione civile locale che gestisce il campo. Le brigate si occupano della mensa, della pulizia anche dei bagni, dello spaccio allestito nel campo base. «A pranzo e a cena cuciniamo per circa 180 persone, poi di notte qui ci dormono circa in 150. Facciamo fatica a spiegare loro che non devono avere fretta di rientrare nelle proprie abitazioni e che, soprattutto, è ancora pericoloso». Lo sciame sismico, infatti, continua a far tremare la terra, anche se con un’intensità di gran lunga inferiore. Oltre ad aiutare nella gestione quotidiana, i ragazzi si danno da fare anche per aiutare i vigili nella mappatura delle frazioni circostanti oltre che la gestione amministrativa di alcune questioni burocratiche.

La cucina del campo base

La cucina del campo base

Economia locale «Queste – racconta ancora Andrea – sono zone di montagna. Ci sono più di 160 aziende agricole a conduzione familiare che fino ad oggi hanno resistito alla crisi economica e alla grande distribuzione e che ora rischiano di sparire per sempre». Per questo la speranza è che si attuino politiche non di decentramento ma, anzi, piuttosto, che si cerchi di favorire quanto più possibile una continuità lavorativa. «Ci sono famiglie intere che vanno avanti con piccoli allevamenti, 30 agnelli, 10 mucche e qualche maiale. Sono zone molto isolate, fuori dalle principali vie di passaggio. Per questo l’ideale è che le tende vengano montate davanti alle case, nei terreni adiacenti gli edifici, in modo che la popolazione possa continuare a lavorare la terra o a prendersi cura degli animali e che, in qualche modo, si torni a vivere una quotidianità in linea con quello che si faceva prima che il terremoto danneggiasse abitazioni private ed edifici pubblici».

La popolazione, che già si è affezionata alle brigate, prova a tenere alto il morale. «Vedo grande dignità intorno a me – prosegue Andrea – cerchiamo di coinvolgere il più possibile le persone e di farle sentire attive e partecipi della situazione. Non siamo la Caritas, non facciamo assistenzialismo, facciamo solidarietà attiva. Per questo durante la cena chiediamo la collaborazione e l’aiuto di tutti, nelle pulizie, nella cucina. Solo in questo modo si torna alla normalità». Ad Acquasanta presto i riflettori si spegneranno e per la ricostruzione ci vorrà tempo. «Devono capire che bisogna che essere parte attiva della comunità e darsi da fare è l’unico modo non di sopravvivere, ma di essere utili e tornare a immaginare un futuro».

Le tendopoli

Le tendopoli

Esigenze locali Così lavorano le Brigate, cercando di dare una mano a tutti, ascoltando anche quando c’è bisogno. «Cerchiamo di essere attenti alle esigenze della comunità e agire in base alle circostanze. Ci sono dei minimarket locali che ancora funzionano, allora non abbiamo distribuito tutti i beni e gli alimenti che sono arrivati, per non affossare definitivamente l’economia locale». Giovani ma nonostante tutto abbastanza esperti, questi ragazzi vengono un po’ da tutta Italia. «Ci sono arrivate migliaia di richieste per far parte delle Brigate – continua Andrea – non abbiamo neanche fatto in tempo a rispondere a tutti per quanti erano. Addirittura ci sono arrivate mail da piccoli centri di protezione civile dal nord Italia. Sono attrezzati e hanno mezzi a disposizione ma non li fanno partire perché non c’è bisogno. La grande catena di solidarietà non si è mai fermata in questi giorni, questa è una grande risorsa per il nostro paese».

Ferie Ad Acquasanta, al momento, sono in dodici. Tutti hanno un trascorso politico nella sinistra alternativa e nel volontariato alle spalle, l’esperienza poi l’hanno fatta direttamente sul campo. Da Perugia, ma anche da Teramo, dal Lazio e dal nord Italia. Giovani che, come Andrea, dal 25 agosto scorso non sono ancora mai rientrati a casa. A Perugia Andrea lavora come operatore sociale. «A breve – racconta – dovrò rientrare per forza, il contratto di lavoro a progetto non prevede congedi di alcun tipo. Queste sono le mie ferie, dalla prossima settimana verrò qui nei week end, finché ce ne sarà bisogno».

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