Aste immobiliari a prezzi ‘stracciati’: «Ingiusto»

Il caso di un’imprenditrice di San Venanzo: «Il mio immobile sarà svenduto a 500 mila euro in meno della valutazione del ctu»

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«Come è possibile che il valore di ville di 300 mila euro venga ribassato a 30 o 40 mila euro, quale giustizia giusta applicano i giudici dei tribunali delle esecuzioni?»: a chiederselo è il presidente nazionale di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro, facendo suo l’appello di una associata umbra, Carmela Argetta, che a Ripalvella, una frazione del Comune di San Venanzo, è proprietaria della Country House ‘La Bella Imperia’. La signora Argetta è da anni in lotta presso il tribunale di Terni per bloccare l’asta del suo immobile. «Le prime tre aste giudiziarie sono andate deserte – racconta lei stessa – e adesso si attende la quarta che si svolgerà il prossimo 16 marzo. Nel frattempo, si sono presentate già 21 persone a testimonianza che adesso il mio immobile potrebbe essere svenduto ad appena 98 mila euro (offerta minima base di asta), ovvero 500 mila euro in meno rispetto alla valutazione stabilita dal ctu che ammonta a poco più di 600 mila euro».

Carmelo Finocchiaro e Carmela Argetta

La storia e la polemica

La signora Carmela sostiene che per la sua «situazione bancaria si è creato l’effetto matrioska, iniziando con la banca a cui si era rivolta per un piccolo prestito divenuto sempre più grande, portandomi – continua – a non riuscire a creare reddito e a non liberarmi più dalla morsa del debito». «Successivamente – dice ancora Argetta – abbiamo chiesto la sospensione fintanto che la situazione contabile non era certa e definita, prima di espropriare il bene, chiedendo anche in appello – in sede di opposizione all’esecuzione e assistita dal mio legale, l’avvocato Federico Benvenuto – di accertare la situazione reale contabile al 2010, anno in cui è stato stipulato il contratto di mutuo. Per questi motivi sono stati proposti diversi ricorsi di opposizione all’esecuzione, con contestuale istanza di sospensione. Inoltre è stata anche impugnata la sentenza di primo grado (che io ritengo ingiusta) dinanzi alla corte di appello di Perugia e il cui atto è ancora pendente, contestando la pretesa economica». Per la donna il rischio maggiore «è che si venda un bene a quattro soldi per poi scoprire, tra qualche anno, che non solo non ero a debito ma addirittura a credito se si tiene conto che da tutta questa vicenda ho subìto anche danni biologici e mancati guadagni». «Per questo – conclude Argetta insieme al presidente nazionale di Confedercontribuenti – si insiste almeno sulla sospensione, prima che sia troppo tardi e si commetta una gravissima ingiustizia che difficilmente potrà essere sanata in toto anche da un punto di vista psicologico». Finocchiario ricorda che la legge «blocca entro il 30 giugno 2021 qualunque esecuzione, per tali motivi, abbiamo ancora una volta denunciato questa vicenda al Csm e speriamo che la sezione 7, che sappiamo sta indagando sulle esecuzioni, vada avanti».

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