Belle arti e mazzette: chieste 7 condanne

Terni: alle battute finali il processo a tre funzionari della Soprintendenza e quattro fra dirigenti e dipendenti di un’azienda romana

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Per l’accusa avrebbero chiuso un occhio sui lavori di ristrutturazione di alcuni beni artistici e culturali del ternano – l’ex monastero delle Orsoline e la chiesa di San Francesco a Calvi dell’Umbria, la Porta Ternana a Narni e il museo delle armi di Terni – in cambio di generose mazzette. L’indagine – emersa nel 2008 e condotta dall’allora procuratore capo Fausto Cardella, dal pm Barbara Mazzullo e dalla guardia di finanza di Terni – aveva portato all’arresto di tre funzionari della Soprintendenza per i beni culturali dell’Umbria e di uno dei soci dell’impresa esecutrice degli interventi, la Olimpo Srl di Roma.

A giudizio Otto in totale le persone denunciate: una di loro – Marco Anzuini, dipendente di una delle aziende coinvolte – è stata già condannata a un anno dal gip di Terni con rito abbreviato. Le altre sette sono state rinviate a giudizio nel dicembre del 2012 per ‘corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio’ e il processo è ora alle battute finali.

Le richieste Martedì pomeriggio, di fronte al tribunale di Terni in composizione collegiale, il pm Mazzullo ha chiesto condanne a quattro anni di reclusione ciascuno per Orazio Baldoni e Vincenzo Angeletti Latini (entrambi funzionari delle belle arti di stanza rispettivamente a Perugia e a Roma), per Raffaele Davanzo (responsabile, al tempo, della sede distaccata di Orvieto della soprintendenza) e per Maurizio Giorgi (Olimpo Srl). Chiesti tre anni e sei mesi per Antonio Antonelli (amministratore tecnico e socio della Olimpo) e tre anni e due mesi per Giovanni Bianchi e Giuseppe Calleri (entrambi operanti nell’azienda con ruoli diversi). Al termine della requisitoria, la parola è passata alla parte civile – il ministero dei beni culturali rappresentato dall’avvocatura dello Stato – che ha chiesto il risarcimento dei danni.

«Estranei» Attraverso i propri legali, tutti gli imputati ribadiscono la propria totale estraneità rispetto alle contestazioni mosse e si dicono «certi che il tribunale riconoscerà l’insussistenza degli elementi sostenuti dall’accusa». Martedì in aula ha parlato solo uno di loro – l’avvocato Giovanna Corrias Lucente che insieme al collega Luigi Zingarelli difende Angeletti – che ha rimarcato «l’assenza di qualsiasi prova circa il fatto che l’imputato abbia ricevuto elargizioni per derogare alle proprie funzioni». Al termine il processo è stato aggiornato al 1° marzo – l’udienza del 1° dicembre salterà per lo sciopero dei penalisti – per le arringhe di tutti gli altri legali difensori e, probabilmente, la sentenza.

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