della Rsu della Camera di Commercio di Terni
Il Governo lo chiama ‘riordino’, ma quello che si prospetta, per i dipendenti della Camera di Commercio di Terni, è un vero e proprio smantellamento.
La motivazione ufficiale è quella di ‘efficientare’ la Pubblica Amministrazione, con un taglio delle sedi e la riduzione ad un massimo di 60 Camere, un taglio delle funzioni essenziali (funzione di sostegno alle imprese e ai territori, proprio in una fase economica così delicata come quella che stiamo vivendo) e un taglio del personale del 15% entro 180 giorni, che salirà al 25% una volta che saranno finiti gli accorpamenti. In sintesi, oltre 1000 dipendenti camerali che arrivano a 3000 considerando il sistema camerale a livello nazionale.
Lavoratori che contribuiscono con il loro lavoro a fare del sistema camerale una delle ‘eccellenze’ della Pubblica Amministrazione. Lavoratori i cui costi attualmente non sono a carico del bilancio dello Stato in quanto le Camere di Commercio sono Enti Autonomi che si autofinanziano, ma con gli esuberi annunciati e l’eventuale ricollocamento in altri enti pubblici, diventerebbero una spesa in più per lo Stato e quindi per i cittadini.
Quindi, a chi giova questo decreto? Non giova ai dipendenti, lasciati a sorte incerta (mobilità, accompagnamento forzato alla pensione, esuberi?), con uno spreco di risorse e professionalità. Non giova alle piccole e medie imprese che hanno sempre trovato nel sistema delle Camere di Commercio, presenti in ciascuna provincia, supporto, sostegno, consulenza gratuita, sin dalla fase di avvio della propria attività.
E non giova all’economia del Paese che si è sviluppata negli anni del dopoguerra proprio su questo imponente tessuto di microimprenditorialità, che sempre più sarà costretto ora a rivolgersi a professionisti e/o esperti (o pseudo tali), alle associazioni di categoria, al ‘mercato’, per ottenere servizi e assistenza con costi ben maggiori delle poche decine di euro (in media 55 euro) risparmiate con il taglio del diritto annuale.