Carcere di Terni: «Soldi da guardie a detenuti»

Il permesso sarebbe stato concesso dalla direttrice. Il Sappe insorge: «Disposizione palesemente irregolare, se non altro dal punto di vista etico e deontologico»

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Nuova polemica in arrivo sul carcere di Terni. A far discutere, stavolta, è una recente disposizione del direttore del penitenziario ternano, Chiara Pellegrini, con la quale si dispone che «anche i dipendenti possono versare soldi sui conti correnti dei detenuti». 

Fabrizio Bonino (a sinistra) e Donato Capece del Sappe

Il Sappe insorge Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l’Umbria del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), commenta così: «Sono curioso di sapere da cosa nasce questa disposizione palesemente irregolare, se non altro dal punto di vista etico e deontologico. Per il Personale di polizia penitenziaria entrare in rapporti di interesse con detenuti e loro familiari o fare commissioni per loro conto non sono solamente (e giustamente!) comportamenti punibili sotto il profilo disciplinare ma costituiscono una grave denigrazione della dignità delle funzioni. E così è anche per il personale del comparto Ministeri e chiunque lavora in carcere. Capite cosa può significare se un dipendente viene autorizzato a versare soldi a favore di un detenuto? Che si creerebbe un rapporto amicale che va ben oltre la netta distinzione di compiti, ruoli e funzioni tra poliziotti penitenziari, impiegati del carcere e detenuti e si favorirebbero pericolose interdipendenze».

Chiara Pellegrini, direttrice del carcere di Terni

«Intervenga il ministro» Donato Capece, segretario generale del Sappe, chiede l’intervento del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e dal capo dell’Amministrazione penitenziaria, Santi Consolo: «La disposizione della direttrice del carcere di Terni è uno scandalo. Non so se ci rendiamo conto di cosa possa voler dire disporre che i dipendenti del carcere, poliziotti penitenziari e impiegati, possano versare soldi sui conti correnti dei detenuti. Ma perché è stata fatta? Chi è che nel carcere di Terni, lavorando alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, ha versato soldi a favore di detenuti? A quali detenuti, poi? E perché? E’ stata autorizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ed eventualmente da chi, o nelle oltre 200 carceri per adulti e minori d’Italia ognuno può fare quel che vuole, disponendo (come in questo caso) comportamenti palesemente in contrasto con il buon senso, l’etica e la deonotlogia professionale? Mi sembra che qui si vada ben oltre i compiti e le funzioni istituzionali dell’Amministrazione penitenziaria. Una cosa è certa: Polizia penitenziaria e detenuti sono e devono essere cose distinte e separate. Da una parte c’è chi rappresenta lo Stato e le sue leggi, dall’altra chi le infrange e sconta quindi una pena. E la separazione è e deve restare netta e inequivocabile».

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