«Chiusi in casa da giorni e nessun aiuto da chi dovrebbe»

Il racconto di una lettrice finita come tanti altri, con la sua famiglia, nel pieno dei disagi di chi si ritrova positivo

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«Sentirsi rispondere al telefono ‘io non ho tempo di darle informazioni e non so chi può contattare, se ascoltassimo tutte le richieste non daremmo i resti. Arrivederci’ con il telefono che viene attaccato in faccia, non è il massimo. Eppure io il servizio sanitario lo pago, è la prima volta che mi contattano dopo giorni di silenzio e vengo già da inefficienze in serie. È frustrante e avvilente». A parlare è una lettrice ternana di umbriaOn che è finita, insieme ai suoi familiari, nel marasma del Covid, fra tamponi mai fatti, contact tracing saltato da un pezzo, senso di abbandono.

SPECIALE COVID – UMBRIAON

Il racconto

«Il 27 dicembre – racconta – mia figlia ha effettuato un tampone molecolare presso privati, perché aveva una cena con degli amici, ed è risultata positiva. Il giorno seguente io ho iniziato ad accusare alcun sintomi e ho contattato il mio medico perché mi inserisse in lista per fare il tampone e così anche mio marito, che sintomi non ne aveva ma è immunodepresso. Da quel giorno, nessuno ci ha più contattati neanche per fare il primo test: è arrivata solo la mail con cui la Regione Umbria impone l’isolamento a mia figlia ed ai familiari. Poi la mattina di martedì 4 gennaio mi ha chiamata la Usl».

Rabbia

«Al telefono l’addetta, con tono piuttosto sgarbato, mi ha detto che se volevo, potevo fare il tampone drive il 7 gennaio, andando giù in qualsiasi orario a mia scelta fra le 8 e le 19. E fin qui ci siamo, poi però quando le ho chiesto di poter iscrivere anche mio marito immunodepresso, che era stato segnalato dal suo medico, e mia figlia per quello di controllo, mi sono sentita rispondere che non era a lei che lo dovevo chiedere e che non sapeva a chi mi sarei potuta rivolgere. Di fatto mi ha attaccato in faccia. Ora dico: sono stata contattata dopo giorni e ho posto una domanda, una richiesta e non certo per sfizio visto che siamo chiusi in casa dal 27 dicembre, alla prima persona del servizio sanitario che ci ha chiamati. Ed uno si sente rispondere così. Non siamo numeri, ma persone e credo che anche semplicemente ascoltare quale sia il problema, pur in ua fase concitata come l’attuale, sia doveroso, così come lo sia trovare una soluzione. No, non sta andando tutto bene».

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