Cooperazione urbana: confronto a Terni

Al Matteotti focus sull’architettura industriale, contemporanea e i suoi sviluppi. Ospite il sociologo Domenico De Masi

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di S.F.

Un incontro per discutere di ‘Cooperazione urbana. Ieri, oggi, domani: dialoghi e confronti’. Con particolare riferimento al ‘Villaggio Matteotti’, all’architettura industriale e al suo sviluppo nel corso degli anni: si è svolto a Terni nel primo pomeriggio di mercoledì al centro sociale Matteotti. L’evento è stato organizzato dal centro studi Giancarlo De Carlo, l’associazione culturale – senza scopo di lucro – del presidente Alessio Patalocco attiva nella ricerca e nel supporto in materia di progettazione architettonica, inclusione sociale, storia e sociologia urbana.

GUARDA L’INTERVISTA A DOMENICO DE MASI

Alessio Patalocco

Alessio Patalocco

Architetti e abitanti Nella sala Elio Sepio sono intervenuti Domenico De Masi, che nel 1974 curò la ricerca sociologica legata al progetto – di Giancarlo De Carlo per la ‘Terni’, cui è dedicato il centro studi – del villaggio, lo storico dell’architettura dell’università ‘Romatre’ Raynaldo Perugini, l’assessore all’urbanistica Francesco Andreani, l’architetto del Comune Roberto Meloni e alcuni abitanti del quartiere. Una riflessione generale sullo stato dell’architettura industriale e della relativa problematica legata alla netta riduzione delle risorse a disposizione.

La guida Patalocco, prima di passare la parola agli ospiti di giornata, ha introdotto l’incontro in qualità di presidente del centro studi parlando di «una puntata zero della cooperazione urbana e un’occasione per parlare dell’esperienza del villaggio Matteotti con uno sguardo alle idee sul futuro». Svelando inoltre la guida relativa al villaggio sorto – degli 800 alloggi previsti ne furono creati 200, complessivamente fu portato a termine solo il 20% del progetto iniziale a causa di conflitti tra operai e dirigenza delle acciaierie – a metà degli anni ’70: contiene l’itinerario, una mappa, curiosità, attività e contatti del centro studi. Il Matteotti, si legge all’interno, è un ‘villaggio operaio particolare, a metà tra l’abitazione in stile cottage inglese e il falansterio immaginato dall’utopista Charles Fourier come tipologia abitativa ideale per la sua nuova società. Una tipologia architettonica che affronta la sfida di sostenere il binomio dialettico tra individuo e società, pubblico e privato, collettività e singolo’.

Domenico De Masi

Domenico De Masi

Esempio straordinario Un impulso di rilievo per la creazione del villaggio lo diede De Masi: «Quando si parla di architettura si sa che alcune cose nel tempo non potranno non cambiare, come i bisogni degli utenti. La sfida è fare qualcosa che resti, pur mutando: in tal senso l’esempio del villaggio Matteotti è straordinario perché passandoci si notano tante cose nuove fatte dagli abitanti. Tutto si adatta e modifica».

Anima sociologica Il fulcro di quel progetto parziale è rimasto secondo De Masi: «Io credo che in gran parte l’anima sociologica sia rimasta, l’abitante che vive al Matteotti è mediamente più felice di chi sta, ad esempio, a Corviale. In quei casermoni privi di verde. Qui le strade pedonali sono diversificate rispetto a quelle per le automobili; gli appartamenti sono stati pensati in modo che abbiano una loro modularità. Bisogna dire che gran parte di questi accorgimenti sono degli utenti che furono interpellati a lungo in quegli anni: diedero il loro straordinario – conclude il sociologo molisano – contributo all’ideazione di questo manufatto».

Francesco Andreani

Francesco Andreani

Comparti e difficoltà L’assessore Andreani si è soffermato sulla situazione ternana: «La gestione dell’architettura industriale è un problema di tutte le amministrazioni italiane, non solo della nostra. A Terni ci sono 86 comparti edificatori incompiuti, non chiusi, e c’è chi sta molto peggio. La cura del territorio – si aggancia poi a questo discorso – si trova a dover fare i conti con una riduzione di risorse notevole: ritengo che la città italiana contemporanea abbia iniziato male il percorso di rinnovazione, portando alla crisi dell’architettura contemporanea. La domanda che ci stiamo – ha concluso – ponendo è cosa si può fare per questi comparti e come favorire la cooperazione urbana».

 

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