Covid, carcere Terni: «Momenti drammatici. Urgono rinforzi e Dpi»

Il segretario generale del Sappe, Capece: «74 detenuti positivi. Non riscontrata dovuta attenzione. Personale polizia penitenziaria allo stremo»

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«In questi giorni, il carcere di Terni sta vivendo momenti davvero drammatici, in emergenza ancor più drammatica dell’emergenza nazionale». Inizia così la missiva che il segretario generale del Sappe, Donato Capece, ha inviato martedì al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ai sottosegretari di Stato Vittorio Ferraresi e Andrea Giorgis, al capo di Gabinetto giustizia Raffaele Piccirillo, al capo Dap Bernardo Petralia, al vicecapo Roberto Tartaglia e al direttore generale del personale Massimo Parisi: ci sono 74 detenuti positivi, tre dei quali ricoverati negli ospedali.

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Il carcere di Terni

Polizia penitenziaria stremata

Capece nella lettera sottolinea che «questa gravissima emergenza sanitaria non ha riscontrato la dovuta attenzione da parte delle autorità sanitarie locali né, purtroppo, dal provveditorato regionale e dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il reparto di polizia penitenziaria di Terni, infatti, stremato e al limite della sopportazione umana, non ha ricevuto alcun supporto in termini di personale e, men che meno, in termini di dispostivi di protezione individuale adeguati e proporzionati alla gravissima situazione che sta vivendo. Il provveditore regionale sollecitato al riguardo non ha fatto altro che rispondere di aver proceduto alla distribuzione delle mascherine chirurgiche, in numero pari ed uguale a qualsiasi altro istituto con zero contagi. In buona sostanza dieci mascherine a testa per un mese, a fronte di una media di presenze in servizio di 27 giorni ed un uso quotidiano per otto/dieci ore consecutive».

Il carcere di Terni

L’ultimo episodio

«Niente altro, rispetto alla necessità – prosegue Capece – almeno per il personale in servizio nella sezione covid o addetto alla traduzione di detenuti positivi in ospedale – di tute protettive, copri scarpe, protezioni per gli occhi e quant’altro in dotazione al personale sanitario impiegato negli stessi luoghi di lavoro dei nostri colleghi. Si pensi che, proprio in questi giorni, il presidente del 118 ha raccomandato che proteggere gli occhi dal coronavirus è fondamentale. Il dipartimento, da parte sua, non ha nemmeno risposto. Per rendere conto della gravità della situazione ed a solo titolo di esempio, si riferisce quanto accaduto nella giornata di lunedì. In mattinata, ad un detenuto si abbassavano i valori di saturazione e cominciava ad avere difficoltà respiratorie fino a quando, nel primo pomeriggio, intorno alle ore 14.30, la locale infermeria – informava il nucleo traduzioni che avevano chiamato un’ambulanza, ma che non sarebbe potuta arrivare nell’immediato per le emergenze in corso in tutta la città. L’ambulanza è arrivata verso le 16 e il personale si è dovuto recare in sezione per prelevare il detenuto, per poi uscire diretti al pronto soccorso, con una unità di polizia penitenziaria in ambulanza e tre in una macchina di supporto. Si evidenzia come il collega costretto a salire a bordo insieme al detenuto malato aveva l’unica protezione della mascherina chirurgica mentre tutto il personale sanitario che ha avuto lo stesso contatto era attrezzato praticamente per una guerra batteriologica. E questo non è assolutamente accettabile».

L’attesa

Poi il calvario: «Arrivati in ospedale verso le 17, ci si sono trovate davanti altre cinque ambulanze costringendo ad una attesa fino alle ore 19, con il detenuto appoggiato in una stanza covid del pronto soccorso, dove si trova tutt’ora per mancanza di posti letto. Per ovvie ragioni, il piantonamento è proseguito all’esterno del pronto soccorso, perché dentro non si poteva entrare, ma si è dovuto seguire il detenuto in tutti gli spostamenti interni per gli accertamenti, vestiti con camici di carta e mascherine, fornite in quella occasione dall’ospedale. Nel frattempo, è dovuta arrivare un’altra macchina per riparare il personale dal freddo. Il cambio turno è arrivato verso le ore 20.30 per il personale in servizio dalle 07.30 del mattino. Alla fine, i colleghi sono riusciti a smontare dal servizio alle 20.40, dopo più di 13 ore di lavoro consecutive. Che peraltro, in questo momento, nel carcere di Terni risulta essere l’ordinarietà».

Le necessità e l’avviso

Il segretario generale del Sappe chiede dunque con urgenza «l’invio di personale di rinforzo all’istituto ternano, contemporaneamente alla immediata dotazione a tutto il personale che dovrà prestare servizio a contatto o in prossimità della sezione covid o, comunque, di detenuti positivi al covid, di appropriati dispostivi di protezione individuale, in particolare di: mascherine Ffp3 o Ffp2; schermi od occhiali protettivi; tute protettive monouso; copri scarpe protettivi monouso; guanti monouso e detergenti disinfettanti». Infine un avviso: «Si rimane in attesa di un cortese urgentissimo cenno di riscontro, con riserva di azioni legali a tutela del personale in caso di ulteriore inaccettabile inerzia da parte di codeste autorità che, in tale ipotesi, si riterranno responsabili di ogni eventuale conseguenza».

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