Dalla carbonara Usa al sushi nordico. Rocchi rivisita i classici: ecco la ‘nuova’ pasta gamberi e zucchine

Condividi questo articolo su

Condividi questo articolo su

di Gabriele Ripandelli

«Questa non è pizza!». Se avete pronunciato almeno una volta nella vostra vita questa frase, o una simile sostituendo la parola pizza con qualsiasi altro alimento e lasciando invariato il concetto, chiudete pure l’articolo. Lungi da noi volervi convincere a scendere nella pizzeria sotto casa e chiedere di aggiungere sopra delle fette di ananas. Ma i classici (proprio tutti) per quanto considerati sacri, possono essere frutto di esperimenti senza remore. «Il gusto è un concetto puramente culturale, il ‘mi piace’ non è oggettivo» spiega Cesare Rocchi, laureato in psicologia ma grande appassionato di cucina. In Umbria lo sappiamo molto bene dove ogni paese ha le sue tradizioni che difende, per la felicità dei nostri palati, con mestoli e impastatrici.

Cesare Rocchi

I classici

Partiamo dall’abc. Cosa è un classico? «Sono divisibili in due categorie – spiega Rocchi – quelli di tradizione popolare e quelli a ricetta depositata. I primi possono variare molto anche da un territorio all’altro, con il fattore comune che è la presenza di alcuni ingredienti e tecniche cardine. Pensiamo al ragù che in tutta Italia viene declinato in tantissime versioni: bianco, con cacciagione, con frattaglie, con funghi e molte altre. Alla base c’è il soffritto di odori e la cottura lenta con la carne per diverse ore. Le ricette depositate, invece, di solito traggono origine da un’associazione o simile che riunisce i membri che concordano su materie prime e tecniche. Esempi sono il baccalà alla vicentina, il gran bollito piemontese e proprio il ragù alla bolognese».

Varianti

Viene spontaneo quindi chiedersi se qualcosa di immutabile esista. «Anche le tre componenti della trinità sacra italiana (carbonara, gricia e amatriciana) presentano sfumature consistenti». Tradotto: no. «Certo un filetto di platessa al forno con le patate non può essere chiamato carbonara di pesce». La storia ci viene in aiuto per capirne di più sull’importanza della varie versioni. Rocchi ricorda: «La carbonara nacque dalle forze alleata americane in Sicilia che, durante la seconda guerra mondiale, unirono alla pasta la colazione statunitense composta da uova strapazzate e bacon affumicato. Dopo decenni si è giunti al simbolo internazionale con crema al pecorino e guanciale». Una provocazione che può stuzzicare la fantasia di qualche chef: «Chi ci dice che, dopo altri decenni o anche meno di varianti, non si arrivi a una carbonara nuova, magari più salutare, ma con la stessa dignità e prestigio di quella che adoriamo oggi?». Un altro esempio si può prendere guardando fuori dalla cucina italiana e spostando lo sguardo sul Giappone: «E’ un paese storicamente isolato e super tradizionalista a livello sociale, artigianale e anche nella cucina. Avete presente quelle palline di riso con sopra del pesce tagliato sottile che tanto vengono apprezzate nei sushi che ormai troviamo ovunque? Il salmone, pesce simbolo del piatto, era considerato cattivo, sporco e poco salutare. Era praticamente vietato mangiarlo fino a quando un vispo imprenditore norvegese lo ha fatto apprezzare convertendo così un’intera cultura. Si cela una rivoluzione dietro la tradizione della successione di movimenti manuali per prepararli tutti uguali, tramandati di generazione in generazione». Rocchi attinge dai suoi studi psicologi per condividere una nozione legata al gusto: «E’ un concetto puramente culturale. Alcune combinazioni di sapori e consistenze possono più o meno stimolare gli organi sensoriali e alcuni alimenti sono oggettivamente più o meno salutari. Ma il piacere non è oggettivo. La bontà di un piatto a livello generale è un concetto puramente culturale. Cambiare le tradizioni di un paese è una delle cose più difficili da fare ma non è impossibile».


Rivisitazione pasta zucchine e gamberi

Difficoltà: 4/10
Costo: €€

Ingredienti:

– 200 grammi di spaghetti alla chitarra di Gragnano
– 4 gamberoni argentini (abbattuti o decongelati)
– 2 zucchine
– 4 pomodori ciliegini
– 1/4 peperone rosso
– 1/2 scalogno
– 1 limone
– semi misti
– stracciata di bufala

Ricetta:

Mettere su una pentola di acqua adeguatamente salata e, quando arriva a bollore, buttare la pasta. Nel frattempo sbollentare qualche minuto le zucchine (volendo nella stessa acqua in cui si andranno a cuocere gl spaghetti, risparmiare non fa male nè a noi né all’ambiente). Le zucchine dovranno essere tagliate a pezzettoni grossolani ma regolari, così da garantire una cottura uniforme. Una volta cotte (non si devono spappolare o diventare molli!) passarle in una bowl con acqua ghiacciata per bloccare la cottura e mantenerle verde acceso. In seguito, frullarle con uno spicchio d’aglio (rimuovendone prima l’anima centrale). Regolare con sale. Sgusciare i gamberi, pulirli dell’intestino, tagliarli a pezzettoni e marinarli con olio, sale pepe e poco succo di limone. Unire teste e carapaci ai pomodorini, al peperone e allo scalogno, aggiungere del succo di limone e frullare il tutto, poi filtrarlo: si otterrà così una bisque che ricorda i sapori e la freschezza del gazpacho. Tostare i semi. Una volta che la pasta sarà cotta, mantecarla con la crema di zucchine (non risottare per non perdere il colore). Comporre il piatto mettendo alla base un guazzetto con la bisque, sopra al quale andrà messa la pasta. Adagiarci poi, in ordine, la stracciata di bufala, i gamberi marinati freddi di frigorifero, i semi tostati e una grattugiata di scorza di limone. Il risultato è un equilibrio di contrasti: i sapori pungenti e intensi della bisque bilanciano la leggerezza della crema e della stracciata, il calore della pasta bilancia la freschezza dei gamberi e la loro morbidezza è alternata dalla croccantezza dei semi.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli