Italicum operativo: cosa cambia in Umbria

La regione sarà un unico collegio elettorale plurinominale: i partiti sono già al lavoro

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La riforma elettorale procede a grandi passi e, con la pubblicazione del decreto legislativo con i nuovi collegi plurinominali della Camera sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ – il provvedimento entrerà in vigore il prossimo 26 agosto – diventa di fatto operativa la nuova legge elettorale per la Camera. Il decreto legislativo porta le firme del premier Matteo Renzi, dei ministri Alfano, Boschi e Orlando, oltre che naturalmente quella del capo dello Stato Mattarella.

I collegi Le 18 regioni italiane (escluse Val d’Aosta e Trentino Alto Adige) sono state divise in 100 collegi plurinominali: 8 in Piemonte; 17 in Lombardia; 10 in Campania; 9 nel Lazio e in Sicilia; 8 nel Veneto; 7 in Emilia Romagna e Puglia; 6 in Toscana; 3 in Liguria, in Calabria, nelle Marche e in Sardegna; 2 in Friuli Venezia Giulia e in Abruzzo; uno in Molise, Basilicata e, appunto, in in Umbria. Il Trentino Alto Adige èstato invece diviso in 8 collegi uninominali.

Il governo Il parere dell’esecutivo è chiaro: «La ridotta dimensione dei collegi, ai quali sono assegnati i seggi in un numero variabile tra tre e nove in base alla relativa ampiezza, consente ad ogni elettore di individuare chiaramente l’offerta politica che gli viene sottoposta nel collegio di appartenenza e di scegliere il proprio candidato».

L’Umbria Cosa comporterà questo provvedimento per l’Umbria, i suoi elettori e i suoi futuri candidati (le prossime elezioni politiche sono previste per il 2018) è tutto da scoprire, anche se chi è ‘pratico’ della materia spiega che «il fatto che la regione diventi un collegio plurinominale non dovrebbe comportare modifiche, per esempio, nel numero dei parlamentari eletti (attualmente sono nove: Anna Ascani, Giampiero Bocci, Giampiero Giulietti, Marina Sereni e Walter Verini del Pd; Tiziana Ciprini e Filippo Gallinella del M5S; Adriana Galgano di Scelta civica e Pietro Laffranco di Forza Italia; ndr), ma comporterà certamente un diverso approccio dei candidati, che per essere eletti dovranno portare a casa un bel po’ di voti di preferenza (nel Pd se ne calcolano seimila, per dire; ndr) e, le recenti ‘regionali’ insegnano, in qualche territorio si prospetta un autetentica bagarre».

Le ricadute Il nostro ‘esperto’ fa un esempio facile facile: «Pensiamo a Terni, a Foligno e a territori simili, dove raccattare le preferenze necessarie per essere eletti sarà praticamente impossibile. Ecco, sarà inevitabile che chi si vorrà candidare dovrà poter contare su alleanze che il suo partito o il suo schieramento sarà capace di costruire nell’intero collegio, ciè in questo caso nell’intera regione. Da qui si comprende come, già da oggi, si registrino ‘sortite’, prese di posizione e quelle che potremmo definire ‘scelte pratiche’ che danno indicazioni utili».

La tattica Le ipotesi e le simulazioni fatte dicono che «nella situazione attuale, per il Pd (si dice che il sottosegretario Bocci, come capolista e Anna Ascani abbiano il posto assicurato fin da oggi; ndr) cambierebbe poco e il problema sarà solo di decidere chi e di quale ‘area’ spedire il parlamento; mentre per le altre forze politiche si prospetta una situazione diversa, con la possibilità che a trovare posto alla Camera siano solo i capilista e ovviamente nemmeno tutti». E questo spiega le ‘battaglie di posizione’ che si stanno combattendo, tipo quella per la segreteria del Pd a Terni.

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