Orvieto, risparmiatori in ansia per la Cro

Dopo la svalutazione delle azioni della Cassa di risparmio di Orvieto, nasce il comitato: «Temiamo una nuova ‘calamità’»

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La svalutazione delle azioni della Banca popolare di Bari (che controlla 25 istituti di credito fra cui la Cassa di risparmio di Orvieto, ndR) il cui valore è sceso da 9.53 a 7,50 euro su decisione dell’assemblea dei soci che si è riunita lo scorso 24 aprile, ha creato malumore e preoccupazione fra i risparmiatori del territorio che hanno costituito il ‘comitato per la protezione dei risparmiatori orvietani e ternani’.

‘L’incipit’ A ricostruire la vicenda, dal proprio punto di vista, è lo stesso comitato che intende ‘monitorare’ la situazione: «La Banca popolare di Bari (che controlla l’istituto di credito orvietano, ndR) ha preparato un pacchetto da proporre alla clientela composto per il 60% da sottoscrizione di capitale sociale e per il 40% da obbligazioni subordinate da acquisire congiuntamente, a cui attribuiva un rendimento leggermente superiore a quello degli altri prodotti offerti dalla banca. La Cassa di risparmio di Orvieto decideva di proporlo alla clientela retail in modo diffuso esaltandone le caratteristiche. È da considerare che Cro ha una lunga storia di obbligazioni proposte alla clientela che ha sempre onorato e quindi la clientela ha sempre finanziato con fiducia la banca. Il prodotto Bpb si inseriva quindi sulla scia di un corretto comportamento da sempre tenuto dalla banca. Era evidente, anche se chiaramente non nei corposi e complessi documenti contrattuali, che, nella percezione della clientela, risultava un finanziamento fatto alla banca per il suo sviluppo che aveva ottime caratteristiche di qualità con una remunerazione non speculativa».

L’operazione «Nel corso del 2015 i clienti che hanno chiesto di vendere il prodotto non hanno visto rispettati i mesi dichiarati, non hanno avuto previsioni di quando lo avrebbero potuto fare ed al più hanno potuto liquidare la parte obbligazionaria, che guarda caso era la più remunerativa, ma non le azioni. Nel frattempo, in sede di assemblea, si agisce fortemente sui crediti e se ne riduce il volume, si aumentano gli accantonamenti e si svaluta il capitale sociale. Per stessa dichiarazione dei funzionari – spiega il comitato – alla fine dell’operazione la banca si trova poco sopra la media di settore, peraltro considerata critica in Italia. La domanda a questo punto è se i crediti deteriorati si sono prodotti negli ultimi mesi o erano già presenti. Ci è ben chiaro che il settore bancario in questo momento non naviga con le vele al vento e la Bpb non può essere immune da questo andamento, ma bisogna stare attenti a non confondere la causa con gli effetti».

«Rischio nuova ‘calamità’» «Riassumendo – afferma il comitato – l’operazione di collocamento del prodotto è stata fatta nella percezione dei clienti non in una logica di mercato aperto, si è agito molto su base reputazionale e quindi come ci si può meravigliare del senso di sfiducia collegato alla perdita di valore e di soldi dei cittadini investitori? Il recupero pensiamo possa essere legato alla trasparenza. Perché non si incontrano gli investitori con messaggi chiari che rappresentino anche le eventuali criticità? Cosa è previsto per la vendita delle azioni sia pure svalutate? Oggi siamo a circa 11 mesi di attesa che non scontano le problematiche degli ultimi periodi. Annotiamo con rammarico che la proposta del sindaco di Orvieto di tenere un consiglio comunale aperto, che sarebbe stato un’occasione di trasparenza, è stata rigettata dalla commissione dei capigruppo consiliari. Sarebbe anche opportuno che la Fondazione Cro precisasse la sua posizione e le sue strategie per sostenere lo sviluppo socio economico del territorio. Visto quanto sta accadendo in altre banche ed altri territori, il nostro auspicio è che la questione non debba in futuro essere ricordata dopo la recente alluvione come una nuova calamità».

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