Perugia, 13 arresti per maxi frode carburanti

Operazione ‘Good Platts’ della Guardia di finanza. Sequestrati beni per oltre 25 milioni. Arresti in Umbria, Lombardia, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Svizzera

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Tredici arresti, fra cui un noto imprenditore nel settore dei carburanti che operava nel perugino, sono stati eseguiti martedì mattina dai militari del comando provinciale della Guardia di finanza sotto la direzione della procura della Repubblica di Perugia, guidata da Luigi De Ficchy. Otto persone sono in carcere, cinque ai domiciliari.

Sequestri milionari I tredici sono indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali. Oltre all’imprenditore umbro, ci sono persone che risiedono in Lombardia, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Svizzera. Contestualmente le Fiamme Gialle di Perugia, sempre su disposizione del gip, hanno eseguito il sequestro preventivo di oltre 25 milioni di euro fra conti correnti, quote societarie, beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati ed alle società coinvolte nell’associazione.

Dogana e Gdf Le indagini coordinate dalla procura e condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Perugia, con la collaborazione dell’Agenzia delle dogane, sono partite da un controllo fiscale nei confronti di un’importante società umbra che opera nella distribuzione di prodotti petroliferi. Attraverso analisi di rischio ma anche attività ‘classiche’ di osservazione e pedinamento, è stato possibile ricostruire i rapporti commerciali intrattenuti dall’imprenditore umbro, fino a risalire ai vertici di due distinte organizzazioni criminali – una delle quali di livello internazionale – attive nel settore della commercializzazione di carburanti per autotrazione.

Cosa facevano In pratica, acquistavano carburante in paesi con accise e Iva più basse che in Italia e poi lo rivendevano sul territorio nazionale scaricando i costi su società di comodo – le cosiddette ‘cartiere’, intestate a prestanome – che poi sarebbero state fatte fallire. «Noi siamo riusciti a intervenire a frode in corso – ha spiegato Davide Bellosi durante la conferenza stampa – il che ci ha consentito di facilitare l’attività di indagine».

In particolare L’imprenditore umbro è risultato il ‘terminale privilegiato’ delle due organizzazioni che, in modo del tutto indipendente l’una dall’altra, avevano messo in piedi una colossale frode all’Iva. In base alle norme, sui carburanti gravano – per il 72% circa del costo industriale – due tipologie di imposte: le accise (50% circa) e l’Iva (22%) che costituiscono un’importante entrata per il bilancio nazionale dello Stato. Sfruttando la normativa vigente per l’acquisto di beni in ambito comunitario, per cui l’Iva viene applicata nel paese di destinazione, le due organizzazioni criminali riuscivano ad evitare il pagamento dell’imposta, ottenendo importanti guadagni illeciti con il commercio di carburante.

Il ‘sistema’ I promotori di una delle due associazioni avevano costituito una società svizzera che acquistava carburante da regolari raffinerie dislocate in Slovenia e Croazia e lo rivendeva, applicando un margine di guadagno, ad otto società fittizie con sede in Italia, appositamente create ed intestate a prestanome ma, di fatto, riconducibili agli stessi promotori. Così, mentre il carburante transitava dall’est Europa in un deposito fiscale italiano, in attesa di giungere ai destinatari finali, le società interposte emettevano false fatture di vendita ad un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto dalla società svizzera, con l’applicazione dell’Iva. In questo modo i destinatari del carburante riuscivano a spuntare un prezzo più basso rispetto a quello di mercato, così da poter praticare, presso le proprie pompe di benzina, prezzi più convenienti a danno della concorrenza.

Il ‘guadagno’ Contestualmente le società fittizie aumentavano il loro debito Iva nei confronti dello Stato, senza mai assolverlo, mentre il margine di guadagno della compravendita di carburante veniva depositato al sicuro nei conti svizzeri nella disponibilità dei promotori dell’organizzazione. Inoltre, per evitare controlli che potessero scoprire il meccanismo fraudolento, il prelevamento del carburante dal deposito fiscale avveniva in tutta regolarità, con il pagamento dell’accisa e la predisposizione dei documenti di trasporto per le autocisterne. Allo stesso modo venivano regolarmente effettuati i pagamenti in corrispondenza dei vari passaggi del prodotto (società svizzera – società fittizie – cliente finale).

Prestanome a gogo Lo stesso schema fraudolento è stato adottato dalla seconda organizzazione criminale che si è avvalsa della consulenza di un commercialista romano per individuare i potenziali prestanome cui intestare tredici società fittizie che rivendevano il carburante ai distributori finali. In alcuni casi venivano poste in essere delle ‘varianti’ per rendere più complessa la ricostruzione dei fatti illeciti: le società fittizie procedevano, infatti, all’acquisto di carburante da fornitori italiani presentando false ‘dichiarazioni di intento’ in cui attestavano di essere esportatori abituali. Circostanza, questa, che consentiva di traslare su di loro il debito Iva.

Maxi ‘frode carosello’ al fisco Le indagini hanno consentito di individuare ben 21 società fittizie create dalle due organizzazioni criminali ed intestate a prestanome che, in un biennio, hanno frodato il fisco per oltre 25 milioni di euro. Proprio per arginare questo fenomeno criminale – un chiaro esempio di ‘frode carosello’ – il legislatore è intervenuto in occasione della legge di bilancio 2018 prevedendo ora anche per l’Iva, così come già contemplato per l’accisa, l’obbligo di versamento dell’imposta all’atto dell’estrazione del carburante dai depositi fiscali.

De Ficchy: «Ottimo lavoro» «Il lavoro meticoloso, portato avanti con competenza e professionalità dagli investigatori anche attraverso l’esecuzione di decine di perquisizioni in tutta Italia e l’esame della mole di documentazione acquisita, nonché l’effettuazione di indagini finanziarie mirate – si legge nella nota diffusa dal procuratore di Perugia. Luigi De Ficchy – ha consentito di assicurare alla giustizia i componenti delle associazioni criminali e di restituire alla collettività gli ingenti proventi dell’attività illecita, non solo sotto forma di disponibilità finanziarie ma anche di ville milionarie ed autovetture di lusso. La sinergia tra la Guardia di finanza e l’Agenzia delle dogane ha contribuito in maniera significativa al disvelamento delle complesse architetture criminali progettate e realizzate dai due sodalizi in un settore merceologico tanto peculiare sotto il profilo normativo, quanto strategico dal punto di vista economico e tributario».

La stessa Iva «È anche un problema normativo – dice poi il procuratore a umbriaOn – perché è chiaro che se ci fosse una legislazione fiscale coerente nei vari paesi dell’unione europea, con stessi livelli di accise e Iva, tali raggiri non sarebbero possibili».

In tre anni un miliardo di euro A margine della conferenza emerge un dato inquietante: la dinamica utilizzata dai truffatori in questo caso (simile, per certi versi, a quella emersa nell’operazione Great Energy) è sempre la stessa e si attua soprattutto per categorie di prodotto che, avendo un basso margine di guadagno (quando il mercato è regolare), consentono di imporsi in modo veloce quando si evadono le tasse. «Negli ultimi tre anni – ha dichiarato Pietro Altieri (Dogane) – abbiamo rintracciato truffe pari a un miliardo di euro di imponibile». Una cifra mostruosa.

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