Perugia: «Il ‘gender’ non deve spaventare»

La filosofa Michela Marzano presenta il suo libro e afferma «La teoria del gender non esiste». Ma la strada verso il riconoscimento delle unioni civili è ancora lunga

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L.P.

Basterebbe tradurre una parola nella propria lingua per avere tutto più chiaro. Ne è convinta Michela Marzano, professoressa ordinaria di Filosofia morale e direttrice del Dipartimento di scienze sociali presso l’Université Paris Descartes e deputata Pd. A Perugia ospite del Partito democratico per presentare la sua ultima fatica ‘Papà, mamma e gender’, la Marzano ha cercato di fare chiarezza su questo universo che si presenta un po’ variegato.

Gender «La teoria gender non esiste – afferma la professoressa – o, meglio, non esiste nei termini in cui se ne parla e in cui è esplosa la polemica». Gender è la traduzione inglese di genere ed esistono, infatti una molteplicità di studi di genere». Bisogna quindi distinguere tra vari concetti: sesso, identità di genere, orientamento sessuale e pratiche sessuali. «Il gender non è un’entità caduta dal cielo e pronta a distruggere tutta una serie di valori tra cui la famiglia». Chiarito questo concetto, le polemiche che circondano tutta la ‘questione del genere’ non sono polemiche solo e squisitamente italiane.

Unioni civili «La polemica nasce infatti in Francia nel 2012 – afferma la Marzano – all’indomani della discussione sulla legge sui matrimoni egualitari. Quando in Francia la legge è stata approvata la polemica si è sgonfiata, speriamo avvenga anche in Italia quando il Parlamento si deciderà ad approvare una proposta di legge sulle unioni civili».
Educazione Non solo la normativa, la questione coinvolge anche importanti aspetti da un punto di vista educativo. «E’ importante spiegare come stanno bene le cose ai genitori perché di confusione ce n’è tanta. E poi è importante insegnare ai bambini e alle bambine sin da piccoli a conoscere e non temere le differenze. Differenze che, però non implicano criteri di gerarchia, non si parla di inferiorità o superiorità. Una bambina lesbica o un bambino gay non sono inferiori agli altri. Lesbiche o gay si nasce e non si sceglie, l’orientamento sessuale è quello da sempre». Ma è proprio sulla tematica dell’educazione che si gioca la partita più importante.

Non solo bullismo «E’ facile versare lacrime di fronte a bambini che subiscono casi di bullismo – afferma ancora la Marzano – però poi che cosa si fa? Qui deve intervenire l’educazione. Non parliamo di educazione sessuale ma di educazione all’eguaglianza e all’accettazione delle differenze, si tratta semplicemente di insegnare il rispetto. E lo si insegna raccontando la molteplicità delle cose che esistono. Esistono diversi orientamenti sessuali così come esistono diversi tipi di famiglie».

Educazione Ma la questione, in questo caso, si fa più delicata. Il punto di vista dei cattolici, non solo quelli più intransigenti, è proprio sull’educazione dei figli e sulla trattazione di alcune tematiche, quali l’omosessualità o le famiglie composte da due mamme o da due papà. «Io pure sono cattolica – dice la Marzano – ma la scuola pubblica si basa sul principio della delega all’educazione dei propri figli. Quando si parla di educazione si parla di educazione a 360 gradi, come genitore non posso dire questo sì questo no. Allora un genitore cattolico non dovrebbe neanche accettare che il figlio al liceo, studiando filosofia, accanto al pensiero di Sant’Agostino studi magari quello di Nietzche. Educare all’uguaglianza è uno dei compiti e dei doveri della scuola».

Stefano e Tommaso «In attesa che lo Stato compia dei passi in avanti e si decida ad approvare la legge sulle unioni civili, l’educazione è la cosa più importante» afferma Stefano Bucaioni. La sua è una storia nota, nel 2014 Stefano si sposa con il suo compagno Antonio e subito dopo aver celebrato il matrimonio a Londra, una volta tornati a Perugia, i due hanno hanno voluto incontrare il sindaco per capire come procedere alla richiesta di riconoscimento della loro unione. In un primo momento Romizi si è dimostrato disponibile ad aiutarli, promettendo loro di incontrarli di nuovo e discutere la cosa, dal momento che in Italia che ancora non esiste una legge che stabilisca il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso.

In tribunale Dopo il primo incontro, però, nessun passo avanti per ben nove mesi. I due ragazzi hanno così deciso di presentare una richiesta all’ufficio di stato civile. La risposta da parte del comune di Perugia è stata però negativa. Qualche giorno dopo, Antonio e Stefano si sono visti recapitare una lettera personale da parte di Romizi il quale ha espresso loro vicinanza. I due giovani, nonostante il rifiuto da parte del comune non intendono arrendersi, ma sono determinati a combattere affinché il loro matrimonio venga riconosciuto. «Dopo la lettera del Sindaco abbiamo fatto una richiesta all’ufficio di stato civile che ci è stata respinta e ora abbiamo inoltrato il ricorso al tribunale di Perugia. Il 18 dicembre ci sarà la prima udienza e il tribunale dovrà decidere su questa vicenda», racconta Stefano.

«Battaglia di principio» Come Antonio e Stefano, sono tante le persone che contraggono matrimonio all’estero e qui in Italia si vedono negato il diritto a essere riconosciuti, giuridicamente, come coppia. «Matrimoni contratti all’estero però non riconosciuti ce ne sono diversi, non abbiamo un registro perché in Italia non è possibile averne traccia. La nostra è stata una battaglia di principio, non sono tante le coppie che, però, cercano di portare avanti questa battaglia: sapendo che la loro trascrizione non verrà presa in considerazione neanche ci provano».

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