Pietro Faustini, il Garibaldi di Terni che ridestò l’orgoglio

Sono imprese che meritano di essere ricordate quelle del grande ternano che rifiutò onori e incarichi, ma combattè per l’Italia unita

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di ‘Montagne Misteriose’

L’era napoleonica era del tutto tramontata; con il trattato di Vienna, si tenne il più turpe mercato di popoli; con la Santa Alleanza si fondò una società di mutuo soccorso dei potenti. Ma quell’età aveva lasciato un’eredità culturale e politica destinata a fruttificare, in Italia come nel resto d’Europa.

All’indomani della restaurazione, gli uomini che avevano militato nell’esercito napoleonico oppure erano stati i funzionari dell’apparato statale da lui creato, presero a organizzarsi nelle società segrete della massoneria e della carboneria, alle quali si aggiunse la Giovane Italia. Queste associazioni segrete riunirono uomini con uno stesso ideale, cioè la patria e la redenzione, andando incontro a pericoli e pagando di persona l’attaccamento ai loro ideali. Ebbero un ruolo eccezionalmente importante anche in Umbria e soprattutto a Terni, dove questo incendio di idee liberali ebbe un’eco profonda.

Nel 1849, dopo la caduta della repubblica romana, la casa di Pietro Faustini, a Terni, divenne il centro di ogni operazione sia politica che militare per la liberazione dell’Italia centrale dalla schiavitù e dai soprusi del papato, per la nascita della nazione italiana. Così scrive di lui Giuseppe Garibaldi: ‘Si certifica dal sottoscritto che il signor Pietro Faustini di Terni ha preso attivissima parte in qualità di volontario a tutte le guerre per la patria indipendenza combattute dal 1848 in poi. Faustini, sebbene non fosse effettivamente nominato ufficiale giacché non ne mostrò il desiderio, pure per la di lui ammirabile abnegazione e disinteressato patriottismo, lo si teneva in molto conto e prova ne sia che lo si volle dal triumvirato distinguere affidandogli sempre delicate importanti missioni, fra le quali quella di reclutare volontari nelle province umbre. Che non avendo mai mancato agli incarichi lo si volle finalmente onorare nel 1867 del grado di presidente del comitato insurrezionale il quale posto coprì sempre con onore e con abnegazione senza pari’.

Nel 1867 un capitano e un tenente del comitato centrale insurrezionale giunsero a Terni e si presentarono a casa di Pietro Faustini per organizzare una spedizione di volontari su Roma. Faustini in poche ore mise insieme a una squadra di 105 volontari che si radunarono a Pescecotto, in un casolare di proprietà dello stesso Faustini che si trovava in mezzo a un fitto bosco sulla riva destra del fiume Nera che lo nascondeva alla vista di chi passava per la strada Marattana, non lontano da Terni. Furono approvvigionati di cibo, delle scarpe per chi non ne aveva, di una lira ciascuno e di armi, ma che non bastarono per tutti poiché avevano solamente 61 fucili con dotazione di 10 cartucce ciascuno e 52 baionette. Partirono pieni di entusiasmo, ma non sapendo che un tale Ercole Mancinetti li aveva traditi e venduti ai carabinieri. Infatti sui monti della Fara trovarono a parargli la strada il settimo e ottavo reggimento di Granatieri con i quali i volontari si rifiutarono di battersi con le armi; e che dopo una lunga colluttazione, 72 furono catturati e 33 riuscirono a fuggire ed a far perdere le loro tracce. Anche Faustini venne arrestato e portato in principio nelle carceri di Narni e quindi a Bologna e poi a Firenze dove venne processato e rilasciato per inesistenza di reato. Anche gli altri volontari ebbero lo stesso risultato nel loro processo.

Questo evento non fu determinante militarmente, ma ridestò l’entusiasmo per Roma di tutta l’Italia. Pietro Faustini insieme a tutti i suoi collaboratori ternani, si mise con maggior energia alla preparazione di una spedizione più organizzata. Vennero comprati un grosso numero di fucile baionette, immagazzinati nel casolare di Pescecotto, mentre le cantine del palazzo Faustini a Terni erano diventate una fabbrica di cartucce. Il 4 ottobre 1867 Pietro Faustini organizzò un’altra spedizione, questa volta in grande stile che portò alle battaglie di Montelibretti, Monterotondo e Mentana dove, questa volta, partecipò anche Garibaldi. Dopo tutte le spese affrontate e finita la campagna garibaldina, Faustini vide praticamente dissolto il suo grande patrimonio. Chi era andato al governo, soprattutto gli ex ufficiali garibaldini del nord Italia, era intento a rafforzare il proprio patrimonio, ma lui rifiutò cariche e si dedicò con caparbietà ed intelligenza all’agricoltura e ad altre attività. Scoprì nelle sue proprietà delle miniere di lignite, con la vendita delle quali agli stabilimenti degli Altiforni, risollevò le sue sorti. Faustini rifiutò sempre cariche, onori e ricompense fino al giorno della sua morte. Oggi noi lo ricordiamo e lo riconosciamo come il Garibaldi di Terni.


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