Sangemini, da Norda promesse mancate

Terni, la produzione dello stabilimento umbro è un terzo di quella prevista e in arrivo ci sono incontri ‘di verifica’ dell’accordo del 2014

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I tre anni di ‘rodaggio’ scadranno tra qualche mese – l’accordo che sancì il passaggio dello storico stabilimento umbro sotto il controllo del gruppo Norda venne siglato il 1 marzo del 2014 – ma in questi giorni dovrebbero essere in programma una serie di incontri, tra la proprietà (i fratelli Pessina) e i sindacati, per verificare l’andamento della situazione. Che presenta qualche criticità.

Massimo Pessina

Massimo Pessina

I volumi Intanto perché, a dispetto degli impegni presi da Norda – che aveva garantito di rilanciare i marchi Sangemini, Grazia, Amerino e Fabia, arrivando a produrre 180 milioni di ‘pezzi’ (le bottiglie nei vari formati) nel 2o14, 240 milioni nel 2015 e 280 milioni nel 2016 – i volumi sono clamorosamente più bassi. A fine 2016, infatti, la produzione rimarrà abbondantemente sotto quella prevista. Ma non quella prevista per quest’anno: addirittura sotto quei 180 mila pezzi previsti per il 2014. Si potrebbe attestare, infatti, intorno ai 110-120 mila pezzi. E questo – anche se dalle segreterie sindacali si tace – qualche allarme lo ha fatto emergere.

Uno sciopero alla Sangemini

Uno sciopero alla Sangemini

L’accordo Rileggendo quell’accordo firmato quasi tre anni fa, infatti, salta agli occhi un passaggio chiave: «In relazione ai rapporti di lavoro – avevano concordato azienda, lavoratori e Confindustria – le parti, condividendo il comune impegno ad accrescere i volumi di produzione e commercializzazione, fin da ora si danno atto che solo il raggiungimento dell’obiettivo di 250 milioni di bottiglie fornirà le basi economiche della definitiva stabilizzazione dei medesimi rapporti». Ecco, visto che si parla di una produzione pari alla metà, sui 95 lavoratori superstiti – prima dell’arrivo di Norda i dipendenti erano circa 120, compresi quelli della Sangemini Fruit per i quali le promesse di riutilizzo sono state, anche queste nel più completo silenzio, disattese da tempo – potrebbero tornare ad addensarsi delle nuvole pesanti.

La cassa integrazione Anche perché in questi due anni e mezzo gli stessi lavoratori hanno accettato, per alleggerire i conti aziendali, di lavorare – di fatto – tre settimane al mese, andando poi in cassa integrazione per il resto del tempo. E adesso, cioè quando azienda e sindacati si vedranno per verificare l’andamento dell’accordo del 2014, tutti questi numeri messi in colonna potrebbero portare ad un totale decisamente in rosso.

Gli investimenti Tanto più che – era anche circolato un volantino della Uil che lo denunciava – alcuni investimenti fatti e che, oltre che apparire poco chiari – «circa un milione di euro tante volte sbandierato», denunciava il sindacato – non hanno poi offerto riscontri, sul piano commerciale, dall’operazione che aveva portato le acque del gruppo ad essere affiancante all’evento del Giubileo. Passando per il restyling delle storiche bottiglie Sangemini – «Il nuovo look non piace a nessuno – diceva sempre la Uil – e non è stato sostenuto da una forte e mirata campagna pubblicitaria» – ha fatto emergere il timore di un possibile ridimensionamento del marchio verso un livello di mercato più basso.

Il concordato E poi ci sarebbe tutta la partita, pure quella rimasta in sospeso, relativa al concordato che aveva poi portato la Sangemini nel portafoglio Norda: ci sarebbero delle ‘pendenze’ economiche con i lavoratori, quelli della Sangemini Fruit ormai scomparsa dal panorama, ma anche con quelli della stessa Sangemini, mai risolte. Insomma, quando si vedranno – i Pessina o chi per loro e i sindacati – avranno un bel po’ di cose da dirsi

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