Sisma, Sasu: fiaccolata in ricordo delle vittime

Ad un anno dalla prima scossa di terremoto che ha messo in ginocchio i territori di Umbria, Marche e Lazio, saliranno sul Monte Vettore raggiungendo la vetta alle 3.36.32

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È passato un anno da quando una violenta scossa di terremoto ha colpito le zone di Umbria, Marche e Lazio. Tutti i paesi lungo la Salaria da Amatrice fino ad Arquata del Tronto sono rasi al suolo. Per commemorare tutte le vittime dei tristi eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016, il Soccorso alpino e speleologico Umbria, ha deciso di ricordarle proprio a Castelluccio e sul Monte Vettore.

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Una fiaccolata Nella notte tra il 23 e il 24 agosto gli uomini e le donne del Sasu saliranno sul Monte Vettore e, raggiunta la vetta alle 3.36.32, ad un anno dal sisma, accenderanno delle fiaccole in ricordo di tutte le vittime del terremoto, «con la speranza che quella luce possa ancora illuminare le vite di chi tanto ha perso, estendendo il pensiero e l’abbraccio anche a coloro che sono stati vittima del sisma che ha colpito Ischia».

Il terremoto «Erano le 3.36 del 24 agosto 2016 quando una violenta scossa di terremoto colpiva le zone di Umbria, Marche e Lazio», racconta Mauro Guiducci, presidente del Sasu. «Subito sono scattate le campane di allarme e la macchina organizzativa del Sasu si è messa in movimento. A meno di tre ore dalla prima violenta scossa 50 soccorritori sono stati dislocati lungo l’area maggiormente colpita. Ore ed ore passate a scavare in mezzo a cumuli di macerie, senza soluzione di continuità, per cercare di salvare più vite possibili».

Lavoro incessante Ad ogni vita salvata «un scarica di adrenalina si abbatteva su di loro, urla di felicità e applausi, ma subito ricominciavano a scavare, senza sosta. Così per tre giorni e tre notti i tecnici del Sasu, insieme ai colleghi del Lazio e delle Marche, con tanti altri volontari del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico provenienti da ogni regione d’Italia, hanno lavorato in uno scenario di distruzione e dolore inimmaginabile. Tre giorni e tre notti senza concedersi un attimo di pausa perché non c’era tempo, ogni secondo è prezioso, ogni istante è vitale in queste situazioni. Il terreno sempre in movimento, scosse continue, incessanti; ma si continuava a scavare».

I corpi senza vita Dopo settantadue ore trascorse in quello scenario apocalittico, aggiunge Guiducci, «pieno di morte e disperazione, l’attività di ricerca e soccorso è stata chiusa dopo l’estrazione dell’ultimo corpo ormai esanime. Per molti di loro non era la prima volta che si trovavano a lavorare in una situazione del genere: era già successo nel 2009 a L’Aquila. Anche lì lo stesso terrificante dramma».

La neve Per mesi hanno affrontato ogni tipo di emergenza, «a volte ripetendo sempre lo stesso triste copione, come per le scosse del 26 e del 30 ottobre dove in quel caso, per fortuna, il terremoto non ha ucciso nessuno, ma ha raso al suolo interi comuni, paesi, luoghi di culto. Dall’emergenza del terremoto sono passati direttamente all’emergenza neve con una nuova crisi sismica che, purtroppo, il 18 gennaio ha visto staccarsi una valanga dal Monte Siella abbattendosi sull’hotel di Rigopiano, portando di nuovo morte e disperazione. Anche lì, con gli sci e tutta la forza fisica possibile, hanno cercato e scavato per sei giorni, concedendosi solo il tempo necessario per recuperare le energie e tornare nella neve».

Il rapporto con il territorio Dal 30 di ottobre fino ai primi di gennaio i soccorritori del Sasu, spiega, «hanno presidiato le zone di Norcia anche con una cucina mobile pronta a sfornare oltre 150 pasti al giorno, provvedendo al rifornimento di beni di prima necessità nelle frazioni circostanti: Castelluccio di Norcia, isolato dopo la scossa del 30 ottobre, è stato raggiunto quotidianamente, per fornire alle persone rimaste nel paese, farmaci, viveri e supporto. Per dieci mesi i soccorritori del Sasu si sono presi cura di Castelluccio, dei suoi abitanti e delle loro montagne». Tutta l’attività svolta in questo lungo anno, «le energie spese, l’attenzione rivolta ad ogni persona, animale e cosa in tutti i luoghi devastati, hanno rafforzato ancora di più il legame tra i soccorritori ed il territorio con i suoi abitanti, interiorizzando anche le loro storie, il dolore, le speranze e la granitica dignità».

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