Storie di figli negati: «Sei mesi di silenzio»

Terni, una nuova – dolorosa – testimonianza nel racconto delle vicissitudini di una madre decaduta dalla responsabilità genitoriale: «Darò battaglia per la verità»

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«Ho letto sul vostro giornale la storia di quella donna di Terni a cui è stato tolto il figlio. Io sto vivendo una situazione simile e purtroppo altrettanto dolorosa. Mio figlio, che ha 13 anni, non lo vedo né lo sento da sei mesi. Così ha deciso il tribunale dei minori. Ma intendo dare battaglia perché quella sentenza afferma cose non vere sul mio conto. E perché non mi è stata data la possibilità di dimostrare il contrario».

L’inizio A parlare è una donna 42enne che vive in un comune limitrofo a Terni e che, dopo la fine burrascosa della relazione con l’ex marito – da cui dal 2014 è separata di fatto – ha visto precipitare anche il rapporto con il proprio figlio. «Fino a quel momento, per dieci anni, le cose sono andate bene. Poi mi sono lasciata male con il mio ex, con cui i rapporti sono ormai quasi inesistenti, è lì è iniziato il calvario. Per me e per mio figlio Andrea (nome di fantasia, ndR)».

L’allontanamento Da quel momento il bambino – che al tempo della separazione aveva 10 anni – viene seguito da uno psicologo. Poi ad occuparsi del caso sono anche i servizi sociali del comune dove la donna vive. Una situazione decisamente ingarbugliata in cui i due genitori, in conflitto, non trovano un accordo su come portare avanti la situazione senza ‘scossoni’. Si arriva così a due sentenze del tribunale per i minorenni. La prima, del dicembre 2015, stabilisce ‘turni’ e modalità con cui i due possono stare con il piccolo. La seconda, a luglio 2016 e basata sulle relazioni dello stesso psicologo e del centro di salute mentale, sospende di fatto la madre dall’esercizio della responsabilità genitoriale, con affidamento del minore ai servizi sociali e collocamento presso il padre. Ciò sulla base di gravi problemi psichiatrici da cui la donna sarebbe affetta.

Il silenzio Iniziano allora gli incontri ‘protetti’, con esito alterno, con cui la donna può vedere il figlio una volta la settimana, per circa un’ora, alla presenza di operatrici di una cooperativa. «Negli incontri a volte mio figlio ha manifestato un atteggiamento di chiusura nei miei confronti e nessuno mi leva dalla testa che sia stato in qualche modo ‘indotto’ ad avere una certa opinione di me. A maggio dello scorso anno ho deciso di sospendere gli incontri per dare una ‘scossa’ alla situazione, provare a cambiare qualcosa, e da allora ho auto solo brevissimi aggiornamenti su di lui via sms, da parte del padre, e non l’ho più visto. Non so, al pari di altri familiari, cosa faccia e come stia. Al tempo del terremoto del centro Italia, lui era in campeggio ad Acqusanta Terme, fra i paesi più colpiti, e nessuno mi ha aggiornata su nulla. Raggiungerlo via telefono è impossibile, si è cancellato anche dai ‘social’, nessuna possibilità di fare o ricevere auguri per Natale, per il compleanno. Una situazione drammatica che mi ha messo e mi sta mettendo a dura prova».

«Io sono normale» Nei giorni scorsi, a inizio novembre, è arrivato un altro duro colpo per la donna, decaduta dalla responsabilità genitoriale su sentenza del tribunale dei minori che non ha accolto la sua richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio che accertasse l’assenza di problemi psichici. «Questa storia che sarei matta si basa sulla reazione, di fatto un malore, che ho avuto quando ho scoperto che mio marito aveva un’altra relazione. Sono finita in ospedale. Ma il punto è che, pur provata, ho continuato poi a condurre una vita normale, da persona normale quale sono, con un lavoro, affetti e amicizie come tutti. Senza la possibilità però di dare affetto e riceverne da mio figlio. Uno stallo che spero gli incontri ‘protetti’ disposti dal tribunale possano gradualmente sbloccare. Anche se non è affatto facile, visti i precedenti, ce la metterò tutta. E magari un giorno Andrea capirà». In vista c’è anche l’appello contro la sentenza dello scorso novembre: «Ci sono relazioni chiare, e non di parte, che affermano come la mia salute mentale sia integra. E come la situazione venutasi a creare sia l’esito di più responsabilità. Io le mie sono pronta ad assumerle, purché non si continui a leggere questa vicenda in maniera parziale».

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