Terni, ‘Arti in scena’: cinema negli anni ’10

Durante la conferenza organizzata dalla Dante Alighieri il professor Dominici ha raccontato al pubblico le avventure di Verga, D’Annunzio e Pirandello con questa nuova forma d’arte

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di A.V.

«È difficile indicare a livello mondiale un’altra cinematografia in cui si verifichi, come in quella italiana, una presenza altrettanto forte dell’ispirazione letteraria come base dell’invenzione e della sceneggiatura cinematografica». Con questa frase di Alberto Asor Rosa si è aperta la conferenza ‘Il cinematografo’, organizzata martedì pomeriggio, nella sala Rossa di Palazzo Gazzoli, dalla Dante Alighieri. L’obiettivo dichiarato dal manifesto della società è la diffusione della lingua e della cultura italiana, per questo la presidente del comitato di Terni, Maria Rita Chiassai, ha programmato ‘Arti in scena’.

I personaggi Protagonista della giornata il professore Fausto Dominici che in due ore di appassionante chiacchierata ha spiegato il rapporto che intorno agli anni ’10 del 900 si è venuto a creare tra cinema e grandi autori quali Verga, D’annunzio e Pirandello. Ognuno di loro, forte della sua personalità ha avuto un rapporto diverso con questa nuova forma d’arte, ma ognuno è arrivato a diventare un modello. Con Verga è nato il cinema naturalistico, con D’Annunzio, ovviamente il dannunzianesimo e con Pirandello il cinema come rappresentazione della vita.

Il cinema «Il cinema italiano è un unicum», dice Dominici. «Sia per giro d’affari, sia per la cultura che diffonde». Questa nuova forma di espressione, spiega il professore, introduce anche una modernizzazione nel rapporto che c’è tra scrittore e opera. «In questo modo – continua – lo scrittore non deve più confrontarsi solo con se stesso, ma entra in un sistema ed è costretto a confrontarsi con questa nuova forma d’arte». Proprio per questo motivo Verga strinse un rapporto di amore/odio con il cinema: affascinato dalla novità e dalle possibilità di guadagno era dall’altro lato ossessionato dalla perfezione dei suoi scritti e dalla paura di essere giudicato dal grande pubblico. Con il cinema, infatti, la platea a cui si riferisce cambia: non sono più solo gli ‘intellettuali’, ma anche gli analfabeti perché tutti capiscono le immagini e tutti sono in grado di giudicare. E mentre il pubblico aumenta anche i film aumentano e iniziano a crearsi figure specifiche come, ad esempio, le dive. Così le donne iniziano ad andare al cinema per imparare e così il cinema, oltre che una forma d’arte, diventa anche un modo per conoscere.

In Italia «Questo grande successo – spiega il professore – si è avuto inizialmente in Italia per il serbatoio culturale a cui si poteva attingere, accompagnato ovviamente dai grandi scrittori». Nessuna cinematografia italiana ha avuto, infatti, una così intensa ispirazione letteraria. Quella dello sviluppo del cinema in Italia è una storia convulsa che, dice Dominici, non inizia con il classico «c’era una volta», ma anzi si afferma in modo prepotente. E se Verga aveva avuto l’atteggiamento titubante di cui abbiamo già parlato, con D’Annunzio si cambia totalmente. «È un esperto delle leggi del mercato e sa come vendersi. Per lui nei film ci deve essere sogno e appetito sentimentale e soprattutto per lui l’occhio della telecamera può vedere cose che l’occhio umano non può vedere quindi si spinge sempre più là. La pellicola deve rappresentare il ‘maraviglioso’. Con lui inizia la prospettiva, iniziano le immagini sfarzose, si gioca con il trucco e fu proprio la sua passione che lo portò a guadagnare la bellezza di 50 mila lire per la realizzazione delle didascalie di Cabiria».

Pirandello l’ultimo dei tre che si avvicina al cinema è Pirandello. Come Verga anche questo autore inizialmente rifiuta questa forma d’arte, poi inizia a sperimentare e l’abbraccia in pieno. Non a caso inizia a scrivere ‘I quaderni di Serafino Gubbio operatore’ nel 1903 e rielabora continuamente l’opera per sperimentare sempre di più il rapporto tra l’uomo e la macchina. «Ma Pirandello – spiega Dominici – si trova in un momento cruciale per il cinema. Infatti, mentre si affaccia sulla scena si inizia con quelli che lo stesso autore definisce film  parlanti e contro cui si scaglierà in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera titolato: ‘Contro il film parlante’. Per l’autore, infatti, non basta aggiungere il sonoro. Fu Pirandello stesso a spiegare che il film sarà sempre diverso dal teatro perché nel primo non ci si può immergere sono solo immagini che scorrono e che bloccano la forma, mentre nel teatro c’è la persona che è un elemento determinante».

Prossimo appuntamento Il prossimo appuntamento con arti scena è per il 21 marzo con i dietologo e diabetologo Giuseppe Fatati. Per l’occasione i ragazzi del multimediale del liceo artistico progetteranno un cd sulla cucina umbra, da distribuire ai comitati esteri della società Dante Alighieri, per promuovere la nostra regione.

 

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