Terni, opere ‘illegali’ in via Tre Archi da demolire

Nel mirino del Comune una bussola vetrata e un locale antibagno in uno spazio locato ad associazione di culto: il Tar gli dà ragione

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Una bussola vetrata da 2,20×1,10 metri e un locale antibagno da circa 1,40×1,20 metri. Sono il risultato di alcuni lavori eseguiti all’interno di un edificio in via Tre Archi, in centro a Terni, locato di recente all’associazione di culto ‘Triumphant Family Assemblay’: un’iniziativa che ha fatto scattare l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi da parte del Comune di Terni perché trattasi di opere considerate abusive in quanto consistenti in un cambio di destinazione d’uso. La notifica fu inviata il 27 novembre 2018 e a distanza di un anno il Tar dell’Umbria ha respinto nel merito il ricorso del proprietario dell’immobile.

NOVEMBRE 2018: «SIAMO ESASPERATI», FEDELI NEL MIRINO

La ‘chiesa’ e le lamentele

A causare indirettamente l’inghippo è stato l’arrivo nell’unità immobiliare dell’associazione che, come specificato all’epoca nell’atto costitutivo fornito al Comune, ha adibito gli spazi a chiesa: un luogo di culto che, oltretutto, ha fatto addrizzare le antenne ai residenti della zona per via della ‘rumorosità’ dei fedeli a suon di batterie e pianole elettriche. Magari è una casualità: l’ordinanza dell’amministrazione fu firmata pochi giorni dopo la denuncia pubblica – in precedenza c’era stato anche un esposto con richiesta di sos ai carabinieri – dei cittadini.

Le opere nel mirino e il motivo

Come detto il provvedimento ha messo nel mirino la bussola vetrata (telaio in carpenteria metallica) e lo spazio antibagno. Motivo? Entrambe non sono conteplate dall’autorizzazione edilizia risalente al luglio del 1991. Il Tar in merito ha sottolineato che appare evidente come le opere «siano funzionali al cambio di destinazione d’uso impresso al fabbricato come risultante dall’atto Costitutivo fornito dall’associazione conduttrice in sede di sopralluogo. Appare pertanto corretta la valutazione compiuta dai competenti uffici comunali in ordine alla riconducibilità di dette opere, complessivamente e funzionalmente considerate, alla categoria del restauro e risanamento conservativo». Gli avvocati coinvolti sono Massimo Proietti (ricorrente) e Paolo Gennari (Comune). Da segnalare che ormai da mesi la ‘Triumphant Family Assemblay’ è andata via.

Ricorso respinto

L’istanza cautelare – marzo 2019 – era stata accolta perché il Tar aveva sottolineato che nel bilanciamento dei contrapposti interessi ha prevalso quello di non veder demolite le opere contestate, «trattandosi essenzialmente di interventi interni e non strutturali al manufatto di sua proprietà». Diversa la risoluzione nel merito: il ricorrente aveva impugnato l’ordinanza perché – la sua versione – non era necessario alcun titolo abilitativo in quanto i lavori rientravano nell’attività di edilizia libera, oltre ad avanzare rimostranze per il presunto deficit istruttorio e motivazionale del provvedimento. «Non sono state considerate – si legge nella sentenza – le caratteristiche dell’attività esercitata, nonché la compatibilità della stessa con la destinazione d’uso dei locali in questione. A prescindere dalla destinazione d’uso edilizia impressa funzionalmente e specificatamente al singolo fabbricato». ‘No’ del Tar: ricorso infondato e respinto. C’è da tirar giù. A meno che non si prosegua al Consiglio di Stato.

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