Terni, ex hotel Lido Piediluco: atti alla Corte costituzionale

Sentenza del Consiglio di Stato sul piano attuativo 2015 per demolizione edificio e nuova costruzione: ricorrenti ko, ma c’è un «incidente di costituzionalità» da risolvere

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di S.F.

Una storia che ha preso piede con due ricorsi al Tar Umbria depositati nel novembre 2015 e che, in teoria, poteva concludersi sei anni dopo con la sentenza – pubblicata la scorsa settimana – della quarta sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato presieduta da Raffaele Greco. Invece no, perché ora gli atti – per una specifica parte – saranno trasmessi alla Corte costituzionale per la «risoluzione di un incidente di costituzionalità»: il problema riguarda l’ex hotel Lido di Piediluco, chiuso da oltre un decennio e in attesa di nuova ‘vita’ residenziale con il progetto a firma dell’impresa Ponteggia. Nel mirino dei ricorrenti il piano attuativo di iniziata privata per la trasformazione urbanistica del complesso approvato nel 2015 e la concessione edilizia in sanatoria: motivi di censura tutti bocciati, tranne uno.

1° APRILE 2015, L’APPROVAZIONE DEL PIANO ATTUATIVO

Lo stato di fatto (foto Maps)

Passo indietro: il piano attuativo e la storia

Il piano fu approvato dall’esecutivo Di Girolamo nella seduta del 1° aprile 2015. La trasformazione urbanistica prevede la demolizione dell’edificio esistente e della terrazza verso il lago, la realizzazione di un fabbricato ad uso residenziale – 19 unità – di cinque piani da superficie utile coperta pari a 1.706 metri quadrati ed un locale commerciale, lo sviluppo di box auto nel piano seminterrato della struttura, la sistemazione di piazza Bonanni quale opera di urbanizzazione e la messa a dimora di piante autoctone ad alto fusto per un migliore impatto visivo sul lago. La struttura fu trasformata in albergo negli anni ’30: nel 1936 fu rilevato dal Comune per una ricostruzione ex novo e l’avvio dell’attività ‘Il lido di Terni’. Quindi l’occupazione delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, la cessione all’impresario alla fine degli anni ’40 Alberto Coppoli – costituì la società Albergo ristorante Lido di Terni S.p.A. -, il subentro di Umberto Bastioni e la ristrutturazione. Infine l’immobile fu acquistato da Renzo Bartolucci e Anna De Angelis: l’ultimo anno di apertura risale al 2008, poi nel 2011 l’acquisizione da parte di Ponteggia. Quindi la battaglia in sede di giustizia amministrativa per una vicenda molto complessa e tortuosa per vari aspetti.

Corso Raniero Salvati

I ricorsi: pioggia di motivazioni

Inevitabile non notare la struttura abbandonata ed in attesa di lavori in pieno centro a Piediluco. A fare ricorso sono stati un uomo ed una donna – a curare i loro interessi l’avvocato Umberto Segarelli – proprietari di un appartamento la cui parete è aderente a quella dell’ex hotel in questione: all’epoca fu chiesto in particolar modo l’annullamento del piano attuativo, del parere di compatibilità paesaggistica accordato dalla soprintendenza e quello comunale per l’aspetto idrogeologico, idraulico e sismico. Nel mirino inoltre la presunta illegittimità degli atti di assenso edilizio, vizi di carattere procedimentale e sostanziale. Esempi? «Omessa comunicazione di avvio del procedimento di approvazione del piano attuativo; assenza del parere regionale in materia sismica; incompetenza della commissione comunale per la qualità architettonica e del paesaggio a rendere tale parere, incompetenza della giunta ad approvare il piano attuativo in luogo del consiglio comunale e omessa valutazione preventiva per stabilire la necessità, o meno, di compiere l’iter di Vas». Inoltre – sì legge nella sentenza – «il piano regolatore consentirebbe ristrutturazioni di tipo conservativo e non anche a carattere demolitorio come quella in contestazione; la ricostruzione dell’edificio in contestazione con sagoma differente rispetto a quella originaria; errata classificazione dei lavori in questione come di ‘ristrutturazione edilizia’ laddove si consentirebbe, invece, una nuova costruzione; illegittimo aumento di cubatura o superficie utile coperta e l’illegittimità dei condoni riguardanti l’edificio in contestazione». Un bel caos. Il Tar respinse entrambi i ricorsi e la palla è passata al Consiglio di Stato con costituzione in giudizio del Comune di Terni (difeso dal legale Paolo Gennari), del ministero dei beni e delle attività culturali (avvocatura dello Stato) e della ditta Ponteggia (Giovanni Ranalli).

Il progetto

Il responso e il punto interrogativo

Il ricorso per la concessione edilizia in sanatoria – motivi infondati, diversi i passaggi tecnici citati – è stato respinto in toto. Stesso discorso per il piano attuativo – demolizione e ricostruzione – di iniziativa privata, con i ricorrenti che avevano fatto presente di averne avuto conoscenza solo a seguito della pubblicazione sul Bur: «Le censure sono proposte – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato in merito alla questione Vas – in modo estremamente generico e al solo fine di volere revocare in dubbio l’idoneità della nota a valere come espressione del giudizio di assogettabilità a verifica, laddove il documento è inconfutabilmente reso a tale fine e gli appellanti bene avrebbero fatto ad avversarlo con specifiche censure». Il punto che invece resta in sospeso è un altro perché i ricorrenti hanno puntato sul parere di idoneità sismica che il Comune ha reso in supporto del piano adottato: in tal senso ci sarebbe la «violazione all’articolo 89 del Dpr 380 del 2001 (incompetenza), prospettando, al riguardo, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 24, comma 9 della legge regionale Umbria 22 febbraio 2005, 11, per contrasto con l’articolo 117» della Costituzione.

Palazzo Spada

Valutazione sismica, Regione o Comune?

La storia cambia su questo tema. Il giudizio è sul parere reso dal Comune sulla base di uno studio sismico per la compatibilità delle previsioni di progetto con le condizioni del territorio: questo potere – ricordano i magistrati amministrativi – «trova fonte nell’articolo 24, comma 9 della legge regionale n. 11 del 2005, che ha attribuito agli enti locali la competenza riservata dall’articolo 89 del DpR 380/2001 all’organo tecnico regionale di esprimere il parere ai fini idrogeologici e idraulici, sentito il parere della commissione comunale per la qualità architettonica ed il paesaggio». C’è tuttavia un problema: «La sezione ha ragione di dubitare della conformità a Statuto della norma in esame e reputa, pertanto, sussistenti i presupposti per sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale delle norme contemplate nell’articolo 24, comma 9, della legge della Regione Umbria 25 febbraio 2005, 11, per contrasto con l’articolo 117, terzo comma, in quanto le stesse si porrebbero in contrasto con i principi fondamentali in materia di ‘governo del territorio’ e di ‘protezione civile’ contenuti nell’articolo 89 del DpR 380/2001, secondo cui il parere sugli strumenti urbanistici generali dei comuni siti in zone sismiche o in abitati da consolidare andrebbe richiesto al ‘competente ufficio tecnico regionale sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione, e loro varianti ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio’». La questione di costituzionalità – la sentenza è molto lunga e, come detto, tecnica – involge «un norma (articolo 24, comma 9, della legge della Regione Umbria 25 febbraio 2005, n.11) non più in vigore nell’ordinamento giuridico ma che, ciò nonostante, è stata applicata ratione temporis alla fattispecie che ha originato la controversia, assumendo così connotati della rilevanza in concreto in forza del principio tempus regit actum. Per cui, alla controversia in esame andrebbe applicata una norma regionale (ovvero un diritto concreto) non più esistente – il nodo – nella corrente interpretazione che ne ha fornito la Corte costituzionale. Il che, espresso in altri termini, significherebbe applicare al rapporto tuttora ancora pendente una norma dichiarata incostituzionale eppur, tuttavia, presente nell’ordinamento giuridico come diritto astratto, in ragione della disposizione (testo legislativo) che la veicola».

Decide la Corte costituzionale

La conclusione del Consiglio di Stato è più chiara: «La sezione ritiene rilevante la questione di legittimità della norma rimettendone lo scrutinio alla Corte affinché il giudice delle leggi chiarisca se il sindacato di legittimità può e deve essere esercitato tutte le volte che di efficacia e di applicazione della legge possa parlarsi – indipendentemente dalla avvenuta abrogazione della medesima ad opera di una legge regionale sopravvenuta ma ratione temporis inapplicabile o dalla dichiarazione di incostituzionalità che ha investito la norma sopravvenuta recante il medesimo contenuto precettivo – poiché tale legge resterebbe pur sempre efficace ed applicabile nei limiti consacrati dai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo. Oppure – aggiungono i magistrati – se, a fronte di disposizioni diverse ma norme perfettamente identiche, la Corte ritiene che la declaratoria di incostituzionalità della norma successiva abbia una tale espansione abrogativa da esonerare il giudice a quo dalla necessità di operare, sempre e in ogni caso, il rinvio (anche) della norma anteriore, ab illo tempore vigente, il cui testo materiale continua ad essere presente nell’ordinamento gerarchico formale mentre il suo contenuto, identicamente riprodotto in una norma successiva poi dichiarata incostituzionale, non costituirebbe più, di fatto, il diritto vivente». Infine un’ulteriore specifica: «Va soggiunto, ad ogni buon fine, che la legge regionale 11 del 2005 (e con essa l’articolo 24, co. 10) è stata abrogata dalla successiva legge regionale 1 del 2015 (art. 271), a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo testo unico (29 gennaio 2015). Deve ritenersi, quindi, che la norma in esame abbia prodotto effetti fino alla data del 29 gennaio 2015, regolando ratione temporis e tempus regit atum, il procedimento per cui è causa». Se così dovesse essere ci sarebbe la necessità di rifare il procedimento per la parte della valutazione sismica. E il tempo trascorre.

Giudizio sospeso. Tesei notificata

Il Consiglio di Stato ha in definitiva respinto il primo ricorso sulla concessione edilizia in sanatoria e sospeso – con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale – il giudizio su quello per il piano attuativo di iniziativa privata: rinviata «ogni ulteriore statuizione di merito all’esito del giudizio incidentale promosso con la pronuncia». La sentenza sarà notificata anche alla presidente della Regione Umbria Donatella Tesei e comunicata al presidente del consiglio regionale Marco Squarta.

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