Terni, droga pakistana: il ‘capo’ condannato a 22 anni e 6 mesi

Shahid Khan era ritenuto al vertice dell’associazione per delinquere smantellata dalla squadra Mobile di Terni con dieci arresti

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Ben 22 anni e 6 mesi di reclusione: questa la pesante condanna inflitta dal tribunale di Terni in composizione collegiale – presidente Rosanna Ianniello, giudici Biancamaria Bertan e Francesca Scribano – a Shahid Khan, 46enne di nazionalità pakistana arrestato nel settembre del 2020 dalla squadra Mobile della questura di Terni, nell’ambito della maxi operazione antidroga ‘Alì Park’ coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Perugia, nella persona del pm Giuseppe Petrazzini, e dalla procura di Terni con la collega Camilla Coraggio.

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‘Il capo’ a cui tutti facevano riferimento

Shahid Khan – detto ‘Mashara’ o ‘il capo’ – è stato l’unico, fra i dieci indagati, ad aver chiesto il rito ordinario. In aula il pm Petrazzini ha chiesto una condanna a 21 anni di reclusione, con il collegio giudicante che ha optato per una pena ancor più consistente. L’uomo era accusato di essere al vertice dell’associazione per delinquere, composta soprattutto da cittadini pakistani e con base logistica in un money transfer di Terni, in grado di gestire centinaia di migliaia di euro di eroina. Droga – come accertato dagli investigatori coordinati dal dirigente della squadra Mobile, Davide Caldarozzi – fatta giungere dal Pakistan per via aerea e poi ‘trasformata’, attraverso una complessa procedura chimica, in stupefacente da spacciare non solo a Terni, ma in diverse parti d’Italia. Il 46enne, secondo gli inquirenti, era colui che dava «le indicazioni agli altri partecipanti all’associazione», che intratteneva «i rapporti con i corrieri ed i fornitori», quello che «teneva i conti»: in pratica «la persona a cui tutti devono riferire o con cui devono rapportarsi e dalla quale essere autorizzate per il compimento delle attività illecite».

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La difesa: «Condanna esagerata. Faremo appello»

Punto di vista diametralmente opposto quello del legale difensore di Shahid Khan, l’avvocato Mauro Chiariotti del foro di Macerata: «Il mio assistito – spiega – è stato assolto per 3 capi di imputazione e condannato per 4, con il riconoscimento delle attenuanti generiche. Nonostante ciò ci troviamo di fronte ad una condanna oggettivamente esagerata, primo perché Khan non rappresentava il ‘centro’ di questa attività criminale, ma solo un punto di riferimento per tanti cittadini stranieri che a Terni, in ragione del suo livello culturale e personale, trovavano in lui un punto di riferimento. Secondo perché un indagato (55enne italiano, ndR) ritenuto centrale nel contesto dell’associazione per delinquere, una sorta di factotum, è stato pienamente assolto nel giudizio abbreviato. Si tratta – conclude l’avvocato Chiariotti – di una incongruenza che mina la natura stessa dell’ipotesi associativa». Scontato l’appello.

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