Terni, fuga di clienti dai ristoranti cinesi

La paura per il Coronavirus colpisce affari e lavoro. Un titolare: «Ho dovuto dimezzare il personale. Speriamo che la situazione migliori»

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di Alice Tombesi

«Hanno paura del cinese», così Susu, proprietaria del ristorante La Giada di Terni, motiva la repentina assenza di clientela nel suo locale. Da una settimana, più o meno in concomitanza con l’allarme di diffusione globale del Coronavirus lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità, in molti ristoranti cinesi nel ternano è avvenuto un drastico calo dei clienti. «Di solito abbiamo 60-70 persone che vengono a mangiare, adesso al massimo 20 e ancora di meno a pranzo» spiega Susu.

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«90% dei clienti in meno»

A dover far fronte alla stessa situazione di disagio è anche il proprietario di un altro noto ristorante giapponese di Terni, lo Shizen: «Da una settimana quasi il 90% dei clienti non viene più. Non ho mai visto un sabato, il giorno in cui generalmente lavoriamo di più, con così poca gente» afferma Chen Yang. I primi a risentirne sono gli stessi dipendenti dei ristoranti, alcuni messi in aspettativa altri chiamati a lavorare a settimane alterne per ridurre il lavoro evitando il licenziamento.

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«Io in aspettativa»

«Attualmente mi trovo in aspettativa per quindici giorni a causa del calo di clientela data dalla giustificata paura del virus. Siamo passati da avere 140 persone qualche sabato fa, a soltanto 17 lo scorso» racconta Daniele Conte, dipendente del ristorante orientale Giapponese-Cinese in via Narni e continua: «Vorrei far capire ai clienti abituali che non corrono pericolo perché i prodotti, anche se serviti all’interno di un ristorante cinese, sono di origine italiana».

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La reazione alla paura

La paura del contagio serpeggia in ogni città, dalla più grande alla più piccola, diffondendo un silenzioso sospetto verso chi viene da quella grande nazione chiamata Cina. Nonostante sia uno degli stati più vasti al mondo, da qualche settimana a questa parte i timori sembrano averlo fatto rimpicciolire e ogni uomo, donna, bambino proveniente dalla Cina viene ricollegato inevitabilmente alla città da dove il virus è partito, Wuhan. Da quando l’allarme è diventato globale, molti cittadini si sono autogestiti per proteggersi dal contagio evitando per primi i ristoranti cinesi. Anche se i cibi per lo più provengono dall’Italia e anche se il virus non può essere contratto attraverso il cibo. Non è una barriera difensiva dell’era moderna, è semplicemente la natura umana: da sempre quando si ha paura del contagio si evita il contatto. La speranza della comunità cinese, e non solo, è che tutta questa situazione possa risolversi al meglio e che la ‘guardia’ prima o poi torni ad abbassarsi. Per gli affari ed anche per chi ha un lavoro, ora in crisi.

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