Terni, l’imam: «Sì al Natale a scuola»

Il capo della comunità islamica sulla polemica della recita ‘negata’: «Non siamo noi a dire di ‘no’ ai simboli cristiani. Pronti a partecipare»

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Che la polemica, dopo il botta e risposta tra l’assessore comunale alla scuola Alessandrini e la dirigente scolastica Mascio, avesse degli strascichi era inevitabile, ora non è solo la politica ad intervenire, ma anche chi si sente involontariamente chiamato in causa nella vicenda del presunto presepe vivente ‘negato’ alla primaria Anita Garibaldi di Terni. A dire la sua sulla questione è infatti l’imam del Centro culturale islamico di via Vollusiano, Mimoun El Hachmi. «Non c’è niente di male nel fare un presepe, anche vivente, né canti o recite natalizie a scuola».

RECITA ‘NEGATA’: POLITICA SU DI GIRI

«Polemica non nostra»

«Questi simboli fanno parte della tradizione e se per anni sono stati fatti è bene continuare» commenta l’imam, ‘disturbato’ dal fatto che, soprattutto sui social, «ci sia chi sia salito sulla polemica a nome della nostra comunità, mettendoci in mezzo». «Ma non siamo noi a voler cambiare la cultura di questo Paese – mette in chiaro -, anzi vogliamo rispettarla. Dunque non vogliamo togliere alcun crocifisso, né altri simboli cristiani».

ALESSANDRINI VS MASCIO

«Pronti ad esserci»

E, in merito al tema specifico delle recite e dei canti natalizi dedicati a Gesù, El Hachmi aggiunge che «la comunità islamica è disposta anche a partecipare alle iniziative in questione». «Non siamo per l’integralismo islamico, ma non ci piace neanche quello di altro genere» continua l’imam. Che poi conclude: «Siamo tutti fratelli, per noi lo scambio culturale è un’importante ricchezza». Una presa di posizione, la sua, che cerca di costruire un ‘ponte’ su un fronte che, nell’attuale contesto storico e politico, non solo ternano, più divisivo di così non c’è.

Paolo Cicchini

Da Benedetto Croce a Pier Paolo Pasolini

Ad alimentare il dibattito – da un prospettiva filosofica – ci pensa il consigliere comunale Paolo Cicchini (Lega): «Un ‘certo’ Benedetto Croce che, a quanto pare, ‘confessionale’ non era e laico, piuttosto, fin nelle midolla, nel 1942 scrisse un saggio dal titolo emblematico: ‘Perché non possiamo non dirci cristiani’. In esso Croce sosteneva che il cristianesimo è il fondamento della nostra cultura, la base della nostra civiltà: Giotto lo incontriamo all’interno delle nostre chiese più celebrate, oltre che nei musei. Di contenuto assolutamente religioso è la pittura di Masaccio e di Piero di Francesca. Tempio del cristianesimo sublimato nei suoi valori da esempi di un’arte senza pari è la Cappella Sistina. Non vorremmo, cari nemici dei presepi e dei canti natalizi, che ci si trovasse di qui a poco nella condizione di dover chiudere al pubblico un luogo di tal genere, allo scopo di non offendere la sensibilità sublime di chi da Michelangelo si sente offeso. Forse, anche la Commedia di Dante potrebbe tra non molto entrare nel novero dei libri proibiti. Anche Pier Paolo Pasolini – alla maniera di Croce – sosteneva il valore e la funzione insopprimibile del cristianesimo all’interno della nostra vita. Avvertiva Pasolini che il suono delle campane e l’incontro quotidiano con l’architettura delle nostre chiese rappresentano qualcosa che ha il potere di esaltare l’animo dell’artista, di alimentare la sua sensibilità. Cosa significa dire che la scuola italiana è laica? La laicità coincide nel suo significato con il concetto di libertà: ciascuno, in uno Stato fondato sulla libertà degli individui, non può non far proprio il principio dell’imperativo Kantiano, in virtù del quale la libertà dell’uno cessa dove comincia la libertà dell’altro. Impedire che qualcuno possa esprimere il proprio sentimento religioso qualunque esso sia – conclude Paolo Cicchini – acquisterebbe e acquista il carattere di una prevaricazione».

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