‘Guerra’ sui migranti: «Poca sicurezza»

Terni, i residenti di Campomicciolo hanno sottoscritto una petizione contro il centro di accoglienza che dovrebbe aprire nel quartiere. L’associazione San Martino risponde

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I residenti di Campomicciolo non ci stanno. Alla notizia dell’apertura di un centro di prima accoglienza per i migranti, dopo aver contattato i militanti di Casapound, che nella notte tra il 2 e il 3 febbraio hanno affisso dei manifesti in cui ribadivano la propria contrarietà all’arrivo in città di nuovi immigrati, hanno creato un comitato e hanno sottoscritto una petizione che hanno presentato al sindaco, al prefetto, al questore e al comandante provinciale dei Carabinieri, affinché la struttura non venga aperta.

La petizione

La petizione Il documento è stato redatto dal referente del comitato Fabrizio Pettorossi ed è stato firmato da 109 residenti di via Campomicciolo. «Solo in tre non hanno firmato», spiega Pettorossi. «Giovedì – continua – prenderò contatti con l’ufficio di gabinetto del sindaco per chiedere un incontro. Poi, quando avrò un appuntamento, con una delegazione di 4 o 5 persone andremo a parlarci e gli ribadiremo la nostra totale contrarietà all’apertura del centro». 

Prevenzione «Non siamo razzisti – continua Pettorossi – ma quello che ci preme è la sicurezza. Il nostro è sempre stato un quartiere tranquillo e per continuare a mantenerlo tale dobbiamo prevenire. Noi con la petizione chiediamo solo che vengano rispettati i nostri diritti di cittadini».

LE RAGIONI DELL’OPPOSIZIONE – VIDEO

La casa

Migranti Il centro di prima accoglienza dovrebbe sorgere in via Campomicciolo 361/h. Qui, secondo  il comitato, «dovrebbero arrivare 20 migranti, provenienti direttamente dagli sbarchi. L’associazione che gestirà la struttura è la San Martino, nella casa ci sarebbe un operatore fisso e nei garage dovrebbe essere allestita una falegnameria. Non può esserci un solo operatore per 20 persone. Anche se parla le loro lingue, uno solo è troppo poco». Inoltre, insistono, «questi immigrati arriverebbero direttamente dagli sbarchi, identificati solo con le impronte digitali. Di loro non sappiamo nulla, possono essere brave persone, ma chi ci assicura che tra di loro non ci siano delinquenti? Potrebbe esserci sempre qualcuno pronto a rubare o a importunare donne e ragazze». «Ho una figlia di 13 anni – dice una signora – che prende l’autobus in fondo alla strada. Come faccio a stare tranquilla?».

Forze dell’ordine Gli abitanti ci tengono a far notare che la struttura si trova in una strada privata e senza uscita. «Questo non è il posto giusto per mettere una struttura simile», spiega Pettorossi. «È ingestibile. Nel caso in cui dovessero esserci problemi le forze dell’ordine non potrebbero intervenire perché la casa ha sbocco su questa strada, ma anche su quella dietro e da qui non vi si ha accesso». «E poi le recinzioni sono bassissime, non c’è privacy né per loro né per noi».

Altre strutture Nel quartiere ci sono già altre strutture ricettive, in via Mozzoni, in via Murri e a Cervara bassa. «In via Mozzoni – dice Pettorossi – vi sono 17 immigrati e il centro ne può recepire 40. Se aprono quest’altro centro e ne mettono all’interno altri 20 il rischio per i residenti aumenta e viene meno la sicurezza e la pubblica incolumità dei cittadini».

Razzismo «Ci tengo a ribadire che non sono razzista», continua Pettorossi. «Sono il primo a fare volontariato. Ho lavorato nella croce rossa e ho aiutato veramente tutti. Tante persone le ho salvate, altre sono morte tra le mie braccia, però se non vogliamo che questo centro apra è proprio per una questione di sicurezza. Hanno tante altre strutture vuote che potrebbero utilizzare. Poi se vogliono una mano dalla cittadinanza ben venga, gliela diamo volentieri. Questi ragazzi verranno lasciati allo sbando perché nessuno si occupa di creare per loro un processo educativo e di inserimento, staranno qui per due anni e poi?».

«Non ci fermeremo» Gli abitanti sono determinati: «Adesso parliamo con il sindaco e vediamo cosa ha da dire. Se vanno avanti lo faremo anche noi, perché la sicurezza viene prima di tutto».

La risposta dell’associazione San Martino La coordinatrice della struttura spiega che le cose non stanno proprio come vogliono farle apparire i 109 firmatari della petizione. «Ho già parlato con Pettorossi e gli ho spiegato come stanno le cose. Con noi c’erano anche i proprietari della casa. Io sono pronta a riparlarci a patto che questa volta mi ascolti». 

Gli sbarchi «Non è vero – continua – che i ragazzi che sposteremo in questo nuovo centro sono quelli che arrivano direttamente dagli sbarchi. Sono 16-18 persone che stanno a Terni da almeno un anno e che sono arrivate con gli sbarchi del periodo dicembre 2014 – maggio 2016. Questi prima stavano nella struttura madre (quella di via Mozzoni). Sono tutti controllati, possono stare tranquilli. Sono brave persone e sono in buona salute, hanno fatto tutti gli esami medici».

L’operatore unico La coordinatrice spiega che anche la questione dell’operatore unico non è proprio come la vogliono far apparire gli abitanti. «Noi della San Martino siamo 18 operatori e ognuno andrà nella casa per le sue competenze. In più ci sarà un operatore che sarà lì 24 ore su 24 per controllare che vada tutto bene e nel caso in cui ci fosse qualche emergenza che i ragazzi da soli non saprebbero gestire».

L’accoglienza «Ci tengo a ribadire che questi ragazzi sono seguitissimi. Noi gli stiamo dietro in ogni fase. Appena arrivano vengono accolti nella struttura madre, poi prendono i documenti e vanno a scuola. Se stanno qua è fondamentale che imparino l’italiano. Sono seguiti per tutto l’anno da quattro insegnanti e ogni 100 ore di lezioni fanno un esamino per vedere il livello raggiunto. Non sono ragazzi abbandonati a loro stessi. Cerchiamo di far fare loro molte attività: sono iscritti a Garanzia giovani e fanno anche tirocini non pagati perché l’importante è che lavorino. Anche nella nuova struttura stiamo cercando di attivare dei laboratori, ma dobbiamo ottenere le autorizzazioni. Speriamo che arrivino».

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