Terni, processo Asm: «Accuse infondate»

Lunedì è toccato alle difese spiegare le proprie ragioni. La sentenza potrebbe arrivare il 15 gennaio

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Al processo Asm – diciotto imputati suddivisi nei due filoni, quello ambientale, prescritto, e quello legato a presunti episodi di mobbing all’interno della controllata fra il 2002 e il 2008 – è la volta delle difese. Nell’udienza di lunedì, andata avanti fino al tardo pomeriggio, hanno parlato i legali di alcuni degli imputati, ribadendo le ragioni per cui, secondo loro, le accuse formulate dal pm Elisabetta Massini siano inconsistenti.

PROCESSO ASM: «CONDANNA PER SEI»

«Nessun riscontro» A parlare per primo è stato l’avvocato Paolo Dell’Anno che difende l’ex presidente Asm Piero Sechi e l’ex direttore generale Moreno Onori, per i quali l’accusa ha chiesto condanne rispettivamente ad un anno e sei mesi e due anni per ‘mobbing’. «Circa Sechi – spiega il legale – presidente di Asm fino al 2004, non è emerso alcun coinvolgimento diretto né indiretto. Rispetto alla posizione di Onori, i comportamento ascritti sono pura e semplice esplicazione dei poteri di coordinamento in capo al direttore generale. Lui aveva potere decisionale su tutti gli atti a rilevanza esterna, inclusi i provvedimenti disciplinari, ma nessuno di questi è stato adottato spontaneamente, ma sempre e solo dietro richiesta dei dirigenti che seguivano l’attività dei lavoratori». Secondo l’avvocato Dell’Anno, «gli stessi diretti interessati hanno ammesso le proprie irregolarità e ad Onori si contesta il fatto di non aver proposto alcuna conciliazione, ma di essere andato di fronte al giudice. Un’argomentazione singolare visto che la legge afferma che sia il lavoratore che l’azienda hanno facoltà di rivolgersi al giudice». Rispetto all’accusa, rivolta ad Onori, di aver messo in atto ‘comportamenti aggressivi’ in particolare nei confronti di alcuni dipendenti ed ‘ex’ come Carloni e Motzo, il legale spiega che «questa è basata soltanto su dichiarazioni dei diretti interessati, senza altri riscontri testimoniali. C’è anche una questione ‘tecnica’, legata al fatto che il pm ha qualificato il mobbing come ‘maltrattamenti in famiglia’: in almeno cinquanta sentenze la Cassazione ha affermato che tale fattispecie non si applica in attività, come quella di Asm, che non possono assolutamente definirsi para familiari». Infine sui reati ambientali: «Le uniche accuse vengono da due consulenti del pm, contestati in aula per la loro professionalità. Ho chiesto l’assoluzione a fronte dell’assoluta mancanza di prove nei confronti di Sechi e Onori».

I ‘sindaci’ Fra gli imputati per cui l’accusa ha chiesto una condanna – a un anno e sei mesi – ci sono anche l’ex sindaco di Terni Paolo Raffaelli e l’ex presidente di Asm (e anche lui ex primo cittadino di Terni) Giacomo Porrazzini. Entrambi sono difesi dagli avvocati David Brunelli e Adriana Faloci del foro di Perugia, che spiegano: «Il pm non ha raccolto alcuna prova nei loro confronti. Il primo, al tempo dei fatti contestati, era sindaco e non aveva alcuna competenza ad intervenire nelle vicende interne dell’azienda. L’altro era presidente del Cda che si occupava solo di programmazione e strategie aziendali e che, con un atto scritto, aveva delegato la gestione dell’azienda al direttore generale. Quest’ultimo non si è reso responsabile di alcunché – affermano i due legali – e lo stesso, a maggior ragione, vale per il presidente del consiglio di amministrazione e per il sindaco della città. La costruzione dell’accusa attorno al presunto mobbing è giuridicamente ardita». Rispetto ai reati ambientali contestati, secondo gli avvocati Brunelli e Faloci – che difendono anche Stefano Tirinzi, Raffaele Iannotti e Attilio Amadio – «nessuno dei fatti contestati sussiste, a partire dal disastro ambientale. Tutte ipotesi caratterizzate da un completo ‘deserto’ probatorio. Confidiamo nel fatto che il tribunale accolga le nostre richieste di assoluzione e metta la parola fine ad una vicenda decisamente penosa per i nostri assistiti».

Rinvio e sentenza Lunedì in aula hanno parlato anche l’avvocato Gianluca Bassetti per una posizione già prescritta e la collega Maria Mezzasoma di Perugia che, unitamente ai colleghi Roberto Spoldi e Laura Chiappeli, difende altre due persone – l’ex responsabile del personale Mauro Listante e l’ex capo del servizio segreteria Agata Mariani – per le quali il pm Massini ha chiesto condanne per mobbing a un anno e sei mesi. Ad aprire l’arringa ‘a tre’ è stato l’avvocato Mezzasoma che ha evidenziato la genericità del capo di imputazione: il legale tornerà a parlare, insieme ai colleghi, nella prossima udienza fissata per il 15 gennaio, quando – al termine delle ultime repliche – il collegio composto dai giudici Zanetti, Socci e Tordelli potrebbe ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.

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