Terni, se l’assessore gioca al ‘bombarolo’

La sortita di Giorgio Armillei nel bel mezzo della ‘conta’ per il segretario Pd – Il corsivo di Walter Patalocco

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Le dichiarazioni di Giorgio Armillei, assessore alla cultura del Comune di Terni, hanno provocato reazioni fragorose. Martedì umbriaOn ha chiesto ad Armillei se volesse tornare sull’argomento. La sua risposta è stata categorica: «Quello che dovevo dire l’ho scritto. Mi sembrano eccessive le reazioni. Mi sarei aspettato un dibattito sui contenuti. Se ora rilascio una dichiarazione non finisce più».

di Walter Patalocco

Un sasso? Ma quale sasso. L’assessore comunale alla cultura, nello stagno, ci ha buttato una bomba a mano! Un’esplosione che improvvisamente ha rotto il silenzio, la pace assoluta dello stagno del Partito Democratico ternano; che ha reso agitato il pelo delle acque da tempo piatto piatto, intonso.

Nonostante la sub-agitazione di correnti a contrastarsi, a compenetrarsi l’una nell’altra per poi ridistinguersi e riabbracciarsi, in un movimento governato da tre o quattro barcaioli. Tutti fedeli al motto “Finché la barca va” e con un’unica preoccupazione: nessuno faccia l’onda.

La bomba a mano lanciata dall’assessore è esplosa mentre una colonia di rospi si stava organizzando per mostrare che la vita in uno stagno c’è comunque. I renziani, tanto per uscire finalmente dalla metafora, hanno deciso, per l’elezione del nuovo segretario comunale, di presentare una candidatura alternativa a quella proposta dai barcaioli. E andare alla conta.

I problemi agitati dai rospi, in sostanza, sono quelli rappresentati – autonomamente – dall’assessore. Ossia: quando non si discute e si agisce in nome dell’unanimismo di facciata; quando il confronto si riduce ad una specie di sudoku in cui si piazzano i soliti pochi numeri – sempre quelli – a riempire tutte le caselle, diventa asfittica l’attività di un partito che ha sulle spalle l’onore e l’onere di determinare il modo di essere di un’intera comunità. Le energie sono spese per la conservazione: dei ponti di comando, di accordi e consociazioni, del potere per il potere. Con inevitabili veti, ripicche, sgambetti e in definitiva di paralisi della politica e dell’amministrazione cittadina.

E onda fu. 

In altri tempi gli amministratori pubblici designati dal partito (e poi ufficializzati dagli elettori che passavano a prendere il numeretto da votare in sezione) trovavano in quello stesso partito una sponda, un sostegno politico quotidiano,  o, se del caso, un consiglio, un avvertimento, un richiamo. Nei fatti c’era il contributo di una molteplicità di energie, di idee. Magari – in certi periodi storici bui – di diktat. Ma un amministratore non si sentiva solo nel compiere scelte politiche, nel far fronte a contestazioni, nell’attuare una linea chiara.

In fondo cosa sostiene il titolare della politica culturale ternana? Che il partito determinante nel governo cittadino non solo sembra un fantasma e non dà una mano, ma addirittura diventa un freno, un bastone tra le ruote. Pare di capire per il solito motivo: quali idee può dare chi le idee non ce l’ha? Quale posizione può esprimere su un problema cittadino chi evita di affrontarlo? Quale apporto di rinnovamento può arrivare da chi è impegnato in sudoku sempre più complicato?

E’ attorno a questo concetto di base che, nella pratica, trovano punti di contatto l’azione del bombarolo e quella dei rospi. I quali ultimi hanno ottenuto una sconfitta nei numeri (il loro candidato alla segreteria non è stato eletto) ma una vittoria più pesante di quel che sembra: il 30 per cento dell’assemblea comunale del Pd ha detto chiaro che così non va, che serve una svolta vera e consistente.

Che per il Pd ternano è ora di conoscere (i problemi) e farsi conoscere (proponendo soluzioni). Di fare politica, in sostanza. Di chiuderla con il meccanismo soporifero (ad esser ottimisti) che si regge su un esercito di “braciolisti”, di iscritti che ritengono esaurito il loro impegno politico nell’alzare la mano (“braciola” per i non ternani) ed approvare ciò che hanno proposto i barcaioli.

L’occasione è importante. Per individuare, dibattere e affrontare questioni sempre più urgenti. Riempire positivamente il vuoto della politica. Stabilire quale città vuol essere una Terni che sta perdendo fiducia (non nascono bambini), che invecchia (l’età media supera i 47 anni), che si ammoscia (non ci sono numeri, ovviamente), che perde speranza e sprint, che non sogna. Sarebbe una rivoluzione, e per certi versi anche un ritorno a trent’anni fa. Tanti se ne sono persi.

 C’era una volta… E se in mezzo ai rospi ci fosse qualche principe?

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