ThyssenKrupp Ast: «Azienda in vendita»

Il Ceo Heinrich Hiesinger ha confermato il sostanziale disinteresse della multinazionale per la produzione di acciaio inossidabile. Le reazioni sindacali e politiche

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L’intenzione – prima sussurrata e poi esternata pubblicamente – è quella di uscire dalla produzione dell’acciaio inossidabile e ora, anche il Ceo di Thyssenkrupp Heinrich Hiesinger lo avrebbe confermato con parole nette nel corso della presentazione dei risultati dell’anno: «Si tratta – queste le parole del manager riferite dall’agenzia Reuters – dell’unico asset del gruppo attualmente in vendita». Tradotto, la Tk-Ast di Terni è – se mai ci fossero stato dubbi – sul mercato.

I dubbi Nulla però Heinrich Hiesinger ha riferito circa il processo di vendita dello stabilimento ternano, dopo che a fine ottobre la multinazionale aveva comunicato che Ast non sarebbe stata trasferita alla joint venture europea con Tata Steel per la produzione di acciaio.

Le reazioni L’annuncio è arrivato nel pieno delle elezioni per il rinnovo delle Rsu all’Ast di Terni e il sindacato Usb, per la prima volta in corsa, attacca frontalmente: «Il ceo della ThyssenKrupp conferma il destino ormai noto per l’Ast: la vendita. Eppure l’amministratore delegato, signor Burelli, durante l’incontro svoltosi al Mise con i segretari nazionali confederali, aveva dichiarato che la nostra azienda sarebbe rimasta nel segmento Materials di TK, benché non fosse stata inserita nella fusione. Ma non ci aveva creduto nessuno, a parte i sindacati confederali che come sempre avevano “preso atto positivamente”. Ci troviamo di fronte all’ennesima farsa, all’ennesimo teatrino dell’assurdo messo in atto dall’azienda, di concerto con i sindacati e la politica. Non faremo parte del colosso internazionale Tata/ThyssenKrupp, non avremo nessuna politica di aggressione del mercato globale, a noi non spetterà nessun ruolo nel panorama mondiale della siderurgia, a prescindere dai giochini da cellulare targati cASTomer. A noi sarà destinato lo stesso futuro di Piombino, una lenta agonia fatta di pellegrinaggi al Mise, dove i sindacati gialli ritroveranno le loro cinghie di trasmissione con la politica che governa gli eventi; lo vediamo in questi giorni con la discussione sulla riforma della legge sulle pensioni. Lo abbiamo detto più volte: i sindacati confederali sono gli imbonitori sociali che, anche in questa fase, eserciteranno egregiamente il loro ruolo. L’aspetto legato alla vendita presuppone molte cose, innanzitutto il come questa fabbrica sarà venduta; il governo, insieme alle amministrazioni regionali e comunali dovrebbero subito iniziare una discussione seria che parta dal presupposto della difesa dell’intero sito, partendo dall’area a caldo. Ma temiamo che la nostra classe dirigente politica, tutta, abbia già deciso che il ciclo storico delle acciaierie sia concluso. I lavoratori e i ternani hanno una sola alternativa: la costruzione di un sindacato di classe che difenda l’AST dagli attacchi speculativi delle multinazionali di turno. L’Ast, per salvarsi, deve tornare ad essere pubblica: solo lo stato può garantire salvaguardia delle produzioni e del ciclo integrato, rilancio ed aggressione del mercato, ambientalizzazione delle produzioni. L’Ast torni pubblica e torni protagonista nel mondo, come un tempo».

Rossi «Il governo intervenga con decisione. Nei mesi passati più volte è stato chiesto di chiarire la prospettiva di Ast, attraverso atti parlamentari e dichiarazioni pubbliche, anche in ragione delle decisioni riguardanti la joint venture con Tata Steel. Oggi rinnovo la richiesta anche al management di ThyssenKrupp, che spero non risponda con le solite dichiarazioni di rito». Così il senatore del Pd, Gianluca Rossi: «Ritengo necessario un salto di qualità nel confronto con la multinazionale tedesca, pur sapendo che la prospettiva della vendita è stata più volte messa all’ordine del giorno negli anni passati, ma governo nazionale e Commissione Europea, si facciano interpreti di una richiesta esplicita alla multinazionale tedesca inerente le strategie a medio e lungo termine e il futuro delle produzioni di acciai inossidabile in Italia. Tutto ciò anche in ragione delle ripercussioni produttive e occupazionali sul sito di Terni».

Nevi Il presidente del gruppo di Forza Italia alla regione Umbria, Raffaele Nevi commenta così: «L’acciaieria di Terni verrà venduta dai tedeschi: quando lo dicevamo ci avevano scambiati per matti e invece la dirigenza di Ast viene totalmente spiazzata. Comunque potrebbe, e sottolineo potrebbe dieci volte, non essere una cattiva notizia per Terni. Questo governo di incapaci a guida PD ora interviene o ancora è presto?».

Marini-Paparelli La presidente della Regione Umbria e il suo vice dicono che «non possiamo che sollecitare la convocazione urgente di un incontro al ministero dello Sviluppo economico, che già avevamo chiesto allo stesso ministro Carlo Calenda nello scorso mese di settembre, quando erano emerse notizie, sempre tramite agenzie di stampa, relative all’ipotesi di accordo tra la multinazionale tedesca e Tata Steel, al fine di ottenere chiare e precise informazioni da parte della dirigenza di ThyssenKrupp. Non è infatti più tollerabile che la TK continui ad affidare a note di agenzia comunicazioni che riguardano i futuri assetti proprietari di un sito industriale di grande rilevanza strategica non solo per Terni e l’Umbria, ma per il Paese. E’ ormai dal 2012 che Thyssen utilizza tale irriverente ed inusuale modalità di gestione delle relazioni sindacali ed istituzionali. E non ci meraviglia, quindi, apprendere ora, sempre da una agenzia di stampa, la volontà di TK di cedere l’Ast». Ciò che però deve essere chiaro, aggiungono, «è che in quanto rappresentanti delle istituzioni regionali e locali a noi interessa prima di tutto la messa in sicurezza del futuro di questo sito industriale, della sua capacità produttiva e dei suoi livelli occupazionali. Le Acciaierie di Terni sono figlie della storia industriale dell’Umbria e dell’Italia; una storia che noi intendiamo difendere in ogni sede. Per questo, ritengo essenziale, e non più rinviabile, un incontro con la dirigenza di TK in sede governativa, al fine di acquisire informazioni ufficiali circa gli obiettivi e le scelte strategiche della multinazionale con riferimento alla controllata italiana, operante in un settore strategico, come quello degli acciai speciali, per il sistema produttivo regionale e nazionale».

Solinas Il consigliere regionale Attilio Solinas (misto-MDP) dice che se l’annuncio fosse confermato «ci troveremmo di fronte non a una strategia aziendale motivata da esigenze di mercato, ma a una provocazione alimentata dalla peggiore speculazione e totalmente scollegata da dinamiche di produzione e di bilancio, dato che quello di Ast di Terni è in attivo. Sono scelte inaccettabili – dice Solinas – esclusivamente motivate dalla peggiore speculazione industriale, con la cancellazione dei diritti e della dignità del lavoro e dei lavoratori. Si punta ad una delocalizzazione selvaggia, magari in paesi come l’India, dove il costo del lavoro è a livelli schiavistici, di diritti totalmente inesistenti e di un sistema di governo certamente antitetico agli standard democratici che, pur con tutte le contraddizioni, caratterizzano l’Italia, l’Europa e l’insieme dei Paesi occidentali. Ormai le dinamiche speculative delle multinazionali sono totalmente scollegate dai processi economici reali, dalla produttività e dalle dinamiche di mercato. E’ speculazione allo stato puro».

Cecconi Il consigliere comunale ternano Marco Cecconi (FdI-An), invece, dice che «mentre a Palazzo Spada sono tutti impegnati a cercare un’aspirina per i legali del Comune, così tanto gravemente malati e insostituibili da permettersi il lusso di farci perdere altri due mesi sullo scatafascio dei conti pubblici; mentre in Regione non si vergognano ad ammettere in pratica – come hanno fatto la Presidente e il suo Vice – di non contare niente né suoi tavoli di quel governo nazionale che avrebbe dovuto monitorare costantemente la questione delle nostre acciaierie né, men che meno, nell’interlocuzione (che non esiste affatto) con la proprietà; a Terni come a Perugia come a Roma la sinistra di potere conferma di essere totalmente incapace di farsi carico degli interessi del territorio tanto quanto di quelli del Paese, incapace di governare i processi, orientare le decisioni, perseguire un disegno e una prospettiva, progettare una politica industriale, insomma totalmente incapace di dare un futuro all’acciaio italiano. Adesso ciascuno faccia i propri passi e li faccia in fretta, intervenendo anche d’imperio, come il pubblico può fare anche quando si tratta di imprese private, se magari legate a produzioni strategiche per un superiore interesse nazionale, come nel caso dell’Ilva di Taranto e non solo. E, se esiste un’Europa capace di decidere non solo tirando a sorte, se esiste un’Europa capace di non essere prima di tutto tedesca, sappia che questa – un passaggio di mano delle acciaierie di Viale Brin condotto con fermezza e regole oneste – per quell’Europa è l’ultima occasione per convincere l’Italia e i ternani di esistere per un disegno comune».

 

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